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Non tradire Vicenza

C’è stato un tempo in cui la politica italiana ruotava attorno alla “casalinga di Voghera”. Tutto doveva essere comprensibile ai suoi occhi, tutto doveva essere tarato sui suoi bisogni, sui suoi modi di esprimersi, persino sulle sue paure. Se qualcuno avesse voluto mettere in difficoltà l’avversario politico, sarebbe bastata una semplice citazione della famigerata “casalinga” a sistemare le cose. I tempi cambiano e, con essi, la politica. Questi che viviamo sono senza dubbio alcuno gli anni del “popolo di Vicenza”. Dal capoluogo degli orafi veneti partì la rimonta di Berlusconi col celebre show a Confindustria, nella splendida Piazza dei Signori si è ritrovata per la prima volta la Casa delle Libertà in versione “opposizione”. Se il centrodestra vuole riprendersi questo Paese, non può prescindere dal popolo di Vicenza, che non è altro che uno spaccato, un campione, dell’intero popolo del Nord-Est dinamico e produttivo che non chiede allo Stato maggiori aiuti ma soltanto minori impicci. Intercettare questa pulsione antistatalista è stato il vero colpo di genio di Silvio Berlusconi, il fatto che, più di ogni altro atto governativo, lo ha riavvicinato al tessuto produttivo di questo Paese. Il cosiddetto popolo delle “partite Iva” è un agglomerato disomogeneo e disarticolato di piccoli e medi imprenditori che hanno un pessimo rapporto con la politica e con l’apparato statale: lo vedono sempre più come un pericolo, un ostacolo alla possibilità di fare impresa e sempre meno come un’occasione per migliorare la propria situazione. Oltre che alla politica, questa gente è allergica ai compromessi. Va da sé che le parole di Berlusconi di oggi (“la grande coalizione è un’ipotesi valida, di buonsenso”) è quanto di più lontano esista dalle esigenze di questa gente. Qui, la grande coalizione italiana se la ricordano bene: si chiamava pentapartito ed era lo strumento attraverso cui la politica di palazzo si era dimenticata del Nord-Est. Fu il pentapartito a causare il “fenomeno Lega” ed è per scongiurare un nuovo consociativismo che questa gente è scesa in piazza. Oggi come allora la politica si è dimenticata del Nord-Est e questo si è affidato a un non-politico per far sentire la propria voce. Se però passasse l’idea che anche l’ultima speranza di uno stato diverso si è piegata alle manovre politicanti, allora Piazza dei Signori e il meeting di Confindustria si svuoterebbero in un solo colpo di ogni significato e diventerebbero un bel libro di sogni mai avverati. Se la Casa delle Libertà vuole tornare a essere forza di governo, non si dimentichi di dimostrare ogni giorno a questa gente di volere davvero il cambiamento, altrimenti si scordi di ritornare a Vicenza, in campagna elettorale, ad elemosinare consensi. Una nuova spartizione del potere, con il Nord-Est relegato in un angolo, a queste latitudini non la digerirebbe nessuno. © L’Opinione

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