Servirebbe all’Italia

Quando penso a Ronald Reagan, nella mia mente si accendono tre lampadine: la prima rappresenta il libro di Dinesh D’Souza, “Ronald Reagan: How an Ordinary Man Became an Extraordinary Leader“. La seconda si illumina facendo correre la memoria al video del discorso di The Gipper alla porta di Brandeburgo, il 12 Giugno 1987. La terza  lampadina, infine, si accende ripensando al quadro di RonaldReagan (che per me è “THE” President) nel mio ufficio alla Camera dei Deputati, in bella vista dietro la mia scrivania.

Il libro di D’Souza non è una biografia qualsiasi, ma è l’epopea di un uomo del Mid West, di un americano medio diventato Presidente. E che Presidente! Un libro bellissimo, patriottico come solo gli americani sanno fare, emozionante. Un libro che comprai a Boston e che lessi durante il viaggio (in bus) che dalla città dei Tea Party mi portò (per la prima volta in vita mia) a New York. Nel libro c’è un passaggio meraviglioso: “Noi pensavamo di guidare il paese e invece abbiamo cambiato il mondo”. Adesso non ricordo se la traduzione è perfetta, se lo disse Reagan o qualche suo collaboratore, potete controllare sul libro di D’Souza, se vi va. M’importa poco. Di sicuro questa frase – più  meno corretta – rappresenta lo spirito di missione senza il quale la politica è un arido gioco fondato solo sulla fredda tattica.

Il discorso alla porta di Brandeburgo, quello di “Mr. Gorbachev tear down this wall” –  un passaggio cancellato dal Dipartimento di Stato e reinserito da The Gipper – mi fa venire i brividi ogni volta che lo ascolto. E a volte – non lo nascondo – mi emoziona al punto tale che devo trattenere la lacrima con forza. Quel discorso è un inno alla libertà e al coraggio, due parole, due valori presenti nell’inno USA, che mi guidano quotidianamente. Senza libertà, senza coraggio, saremmo solo sudditi. E Dio sa quanta libertà e quanto coraggio avrebbe bisogno l’Italia. E soprattutto gli italiani.

Il quadro di Reagan, una sua bella foto istituzionale nello studio Ovale, una Kodak comprata qualche anno fa a Washington e fatta incorniciare nella mia Aversa, da qualche mese è dietro la scrivania del mio ufficio alla Camera dei Deputati presso il gruppo di Futuro e Libertà. Oggetto di critiche e di apprezzamenti, costituisce per me un appiglio, specialmente nei giorni tristi per la politica e per l’Italia. In quelle ore, sempre più numerose e sempre più frequenti, guardo il quadro. Guardo Ronald Reagan. E penso che il mio Paese merita di meglio. E anche da troppo tempo. Diciamo almeno dagli anni ’80. Quando gli USA avevano The Gipper, Ronald Regan. E noi De Mita, l’intellettuale della Magna Grecia.

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