L’altro silenzio

Per due giorni la sinistra italiana ha chiesta al Presidente del Consiglio una dichiarazione sui fatti libici. Poi, una volta arrivata, ha spaccato il capello in quattro su quanto successo nei mesi scorsi, dimenticandosi ovviamente degli anni in cui governava.

Fatta la tara politica a dichiarazioni di maggioranza e opposizioni c’è pero una cosa che nessuno ha detto e cioè che la vera anomalia, qui, si chiama Barack Obama.

Non una parola, non una dichiarazione, un gesto, anche simbolico, per dire cosa la superpotenza americana pensa di quanto sta accadendo al regime di Gheddafi.

C’era una volta un texano magari antipatico, magari poco fine, magari facilone ma che aveva certamente il dono della chiarezza e della coerenza. Quel texano sarebbe stato con i manifestanti e contro il regime libico perché già nel 2003 aveva detto in termini inequivoci che quel colonnello lì non era né uno statista, né un amico.

Negli anni del texano, il nostro centrosinistra era sempre pronto a spiegare al mondo e in Europa perché non dovevamo stare senza se e senza ma con gli Stati Uniti. E la guerra per la liberazione dell’Iraq portava la gente in piazza e le bandiere della pace alle finestre.

Poi arrivò il messia di Chicago e cambiò, all’improvviso, la narrativa sulle questioni americane. Ci sarebbe piaciuto, per quel po’ di coerenza che si richiede a chi vorrebbe governarci, che spendessero due-paroline-due per l’unico Premio Nobel per la Pace incapace di dire qualcosa mentre un tiranno bombarda il suo popolo.

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