Neanche Guzzanti

Nemmeno quel genio di Corrado Guzzanti sarebbe stato in grado di immaginare una cosa grottesca come la conferenza stampa in cui Antonio Pennacchi ha spiegato che il liberalcapitalismo è una cosa brutta, brutta, brutta. E che serve un’unità di popolo “oserei dire maoista”. Uno spettacolo unico nel suo genere, da cabarettismo di altissimo livello, con splendidi sparring partners quali Fabio Granata, Italo Bocchino e Roberto Menia.

Una tirata contro il precariato, il lavoro come diritto, un  attacco frontale al liberismo individualista causa di ogni male: ai tre dell’Ave Maria (Granata-Bocchino-Menia sono un tridente che neanche Gre-No-Li) non deve essere sembrato vero di tornare così, tutto ad un tratto, alle origini della loro esperienza politica.

Sono intimamente di sinistra. Non nel senso novecentesco, direbbe Pennacchi, ma in termini assoluti. Sono intimamente di sinistra perché credono nella capacità dello Stato prima ancora che in quella dell’individuo e perché stanno lì a fare una conferenza stampa con un personaggio che si fregia orgoglioso del titolo di “fasciocomunista” e che afferma con sicumera che “l’individuo dev’essere subordinato alla collettività” e che “la libertà di tutti è garantita dallo Stato”.

Lo zenit futurista arriva,però, con l’attacco a Mondadori e attraverso Mondadori a Berlusconi. Silvio Berlusconi, solo per la cronaca,  sarebbe quell’editore illiberale che gli ha permesso di pubblicare Il Fasciocomunista, Shaw 150, Canale Mussolini e Mammut.

 

P.S. Ecco cosa mi ricordava.

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