Rimettiamoci in cammino

C’è una Caravella che ha deciso, appena salpata, di portare la partita in mare aperto. L’organo della Fondazione Cristoforo Colombo propone oggi, a firma Andrea Camaiora, un Appello a Tocqueville che non può lasciarci indifferenti. Il tema è quello a noi caro della rete dei liberali, conservatori, neoconservatori, riformatori e moderati (uso non a caso la definizione che trovate qui). In un momento di incertezza anche e soprattutto politica e in quadro che va scomponendosi e ricomponendosi in continuazione occorre non perdere la bussola. Per noi la strada maestra si è sempre chiamata fusionismo e abbiamo sempre percorso con decisione la via dell’aggregazione di  tutti quelli che si riconoscono nei valori del mercato, della libertà, della sostenibilità dello sviluppo. Da più parti siamo stati accusati di voler abbracciare tutti, rischiando di perdere l’identità. Il problema, oggi, non è riaffermare identità figlie del passato e finire per spaccare il capello in quattro. Servono idee in grado di unire, di fare sintesi, di segnare una road map per il futuro di questo paese. Camaiora coglie il punto quando dice una cosa così vera da sembrare banale: impariamo ad amarci un po’ di più. Fare rete significa riconoscere all’altro il valore di un contributo alla causa, accettare tutti partendo dallo stesso piano, senza piedistalli e senza torri d’avorio.

Allargando il fronte della discussione Daniele Capezzone, nell’asterisco di oggi, parla esplicitamente di fusionismo, definendolo “un obbligo politico”. Sia una Fondazione vicina a Claudio Scajola che un esponente importante della cultura liberale ricominciano a parlare, contemporaneamente, di una nuova amalgama per il centrodestra. E’ un segnale che va colto, e va colto in fretta.

Anche perché c’è un dato numerico da considerare e che non può essere un elemento secondario di discussione: la Casa delle Libertà che vinse nel 2001 (Forza Italia, Alleanza Nazionale, Udc, Lega Nord) vale oggi molto più del 50% dei consensi. Che senso ha continuare a rinfacciarci divisioni per lasciare a qualcun altro la possibilità di governare e riformare questo paese?  Che senso ha imporre preclusioni (no a Berlusconi, no ai democristiani, no a questo, no a quello) figlie di una cultura provinciale e limitata, considerato che come dicono bene sia Andrea che Daniele, nel PPE, nei suoi valori, ci ritroviamo tutti?

Chi scrive voterebbe Conservatori in Inghilterra e Repubblicani negli Stati Uniti. Due partiti-coalizione che non hanno il timore di dibattere per costruire e di discutere per unire. Ripartiamo da lì, dallo spirito di Tocqueville. E rimettiamoci in cammino.

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