Le due lezioni di Steve

Tutti presi a ricordarlo – come è giusto che sia -, i media hanno dimenticato un’importante lezione che Steve Jobs ha lasciato in eredita proprio a loro. E pensare che passa per quel motto, “Stay hungry. Stay foolish”, che tanto ha fatto breccia nei cuori. Come ricordò il genio della Apple di fronte alla platea di giovani laureandi della Stanford University, se lo erano inventati gli ideatori della rivista “The Whole Earth Catalogue”, pubblicata andando di macchina da scrivere, forbici e foto, per salutare i lettori in occasione dell’ultimo numero.

Un prodotto che si preoccupava di raccontare il mondo, non di fornirne un’opinione. I giornalisti oggi raccontano poco di quel che accade in giro, preferiscono far sapere a chi li legge quali sono le loro opinioni. Non arrivano ad usare l’io narrativo, ma poco ci manca: pretendono che siano i loro occhi a dare un giudizio sul personaggio o l’evento in questione, valutando se sia meritevole di lode oppure no. I giornalisti non narrano più, sentenziano.

È molto più facile, costa meno fatica. Perché basta – a detta loro – anche un solo particolare per fare la tara completa. I nostri giornali sono un retroscena unico, vergati in modo che il lettore capisca che il cronista conosce tutti e tutto, che ha contatti e familiarità con quelli che contano e il suo prestigio dipende dagli agganci dei quali vantarsi indirettamente, scrivendo righe e righe che lasciano immancabilmente il dubbio: sarà tutto vero oppure no?

Sono segni di un tempo nel quale ad ognuno è concesso il diritto di esprimere un’opinione in forma scritta (attraverso i blog, ad esempio), salvo non assumersi responsabilità quando viene commesso un errore (la polemica sulle rettifiche di questi giorni). Basta un attimo e dalla piena libertà si passa a parlare di minacce in agguato, di censura. Alla dignità delle persone delle quali ci si occupa si bada molto meno.

Ce n’è anche un’altra, di lezione. Ancora più delicata, dal momento che riguarda la morte. Roba forte che la società ha tentato di mettere in un angolo, salvo poi ritrovarsi ad apprezzare quello che di lei ha detto Jobs. Uno che l’ha conosciuta ancora prima che arrivasse definitivamente. Nessuno ha voglia di provarla, anche chi crede e spera nel paradiso. Tanto più se si è giovani: andarsene da giovani è una porcata tremenda che, purtroppo, si avvera molto più frequentemente di quanto si possa pensare.

L’uomo, più che di morire, ha una fifa tremenda di soffrire. Ecco perché fa finta con tutti gli sforzi possibili che la signora con la falce non faccia parte della sua vita. È troppo occupato perché questa solamente si azzardi a bussare alla sua porta e nel timore che il peggio possa avversari, si affida a frasi fatte del tipo “vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo”. Sapendo in partenza che non è possibile. Basterebbe solamente prenderne atto, che il nostro è un tempo limitato. Non c’è nulla di male e infatti poi capita – a chi è venuto a patti con un certo fatalismo – di sentirsi meglio. E di affrontare i giorni che gli restano con la consapevolezza che è la vita e non la morte “the single best invention”.

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