2013

Gli amici del Foglio ci hanno chiesto di immaginare la politica italiana nel 2013 e di ipotizzare quale potrebbe essere il posto della destra, della sinistra e dei democristiani tra due anni, alla vigilia delle elezioni politiche e al diciottesimo mese di governo Monti. Questa è la nostra versione.

Qui il round-up completo.

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Votare a queste elezioninon è stato per niente facile. A lungo abbiamo militato nelle file del centrodestra nazionale, abbiamo sostenuto per almeno dieci anni i partiti e le coalizioni messe in piedi da quel gigante della politica che è stato Silvio Berlusconi. Questa prima tornata post-berlusconiana ha rappresentato un vero e proprio dilemma da sciogliere per chi come noi ha creduto al sogno della rivoluzione liberale. Il governo tecnico di Mario Monti dice di aver salvato l’Italia e certamente i risultati gli danno ragione.

Tuttavia non ci è piaciuto il metodo: hanno rimesso l’Ici, aumentato la pressione fiscale, bloccato il federalismo e i costi standard, si sono inventati una strana patrimoniale che non si chiama patrimoniale, hanno condotto una guerra psicologica contro il contante, impregnando tutto di una bizzarra antropologia negativa. Berlusconi era il male, gli imprenditori sono tutti evasori, anche i ricchi devono piangere un po’. Con queste premesse il centrosinistra è andato a nozze e Vendola e il suo vice Bersani si sono presentati come i perfetti eredi del governo che ha salvato l’Italia. A contrapporsi a loro una strana aggregazione di cattolici ex democristiani, gente per bene, molto understatement e sobrietà.

Troppo paurosi, però, per opporsi  con orgoglio al sinistro duo in salsa emilian-pugliese e sfidare in campo aperto i progressisti di casa nostra. Siamo stati lì, per ore, a discutere con noi stessi se rassegnarci al grigiore e votare questi gendarmi del popolarismo sussurrato oppure andare al mare. Poi abbiamo scelto di dare credito a un signore un po’ naif, ai suoi modi politicamente poco corretti, alla sua antropologia positiva. Ha promesso di lasciare libertà alle imprese, di vendere i beni pubblici ai privati, di abbassare le tasse, di abolire l’art.18 perché le aziende mica licenziano se non ne sono costrette. Sarà stato anche poco ortodosso ma questo Giorgio Fumagalli che non aveva mai fatto politica prima ci ha convinto e siamo contenti che abbia convinto anche la maggioranza degli italiani. Quelli con poca voce e tanto buonsenso.

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