Cinque motivi

Rick Perry saluta i suoi fans su Facebook con un sibillino “Anita and I thank for your support”. Non aggiunge molto altro sui motivi del suo abbandono, così come molto poco ha spiegato in conferenza stampa.  Politico.com riporta invece un interessante articolo a firma Maggie Habermann nel quale spiega quali sono state le 5 probabili cause che hanno affondato il governatore del Texas.

Il primo fattore è forse quello che colpisce di più: “The fire in the belly wasn’t there at the start” ovvero il governatore texano non era pronto oppure il suo cuore non lo era. Dopo aver annunciato la sua candidatura il 13 agosto con un “head of steam”, non c’è stato un vero e proprio secondo atto nel quale Perry potesse far valere le sue idee e la sua forza conservatrice: “The moment he was forced to talk issues he revealed just how ill prepared he was to be a candidate. He had clearly thought little about foreign policy and his answers to questions about the topic had the feel of a student who had crammed for an exam by committing a few lines to memory”.

Il secondo motivo riguarda il suo programma: “Il messaggio non era chiaro”. Secondo Haberman, Perry ha speso poco tempo nelle sue prima settimane a parlare di quello che sarebbe stato il suo biglietto da vista (aver creato nuovi posti di lavoro in Texas creando un record considerevole) e non era disposto a difendere molte delle cose che conteneva. Dopo alcuni dibattiti mal impostati, ha cercato di far passare il suo messaggio come quello di un qualsiasi anti – Wall Street, un Washington outsider. Fino a diventare, qualche giorno prima dei Caucus, un candidato tutto sbilanciato sulla fede,  sperando in un effetto benefico tra l’elettorato evangelista dell’Iowa.

Il terzo punto invece spiega il suo vero e proprio tallone d’Achille: “He just couldn’t debate”. Esemplare il dibattito in Michigan del 9 novembre quando a Perry sfuggì il nome della terza agenzia federale che voleva abolire. Probabilmente tutto ì dovuto dal fatto che, come riporta l’articolo, il governatore texano, nell’ultima decade, abbia discusso pubblicamente solo una manciata di volte.  Spiegando anche che “Voters looking for a nominee who’ll be able to stand toe to toe with Barack Obama in the general election – and the fall debates.”

Il quarto punto invece tocca la sua organizzazione: “The organization wasn’t organized”. Il suo team non è mai riuscito a trasmettere l’idea giusta di Rick Perry, ovvero di uomo che detiene un record di posti di lavoro creati che dovrebbe parlare da solo.
 
L’ultima causa del suo naufragio è stato il fatto che la sua campagna è stata vista come un matrimonio fra un “insular inner circle” e “new outsiders”. Matrimonio forzato come ci insegna la campagna per le presidenziali repubblicane di Rudy Giuliani nel 2008.

Perry ora appoggerà Newt Gingrich nella corsa presidenziale. Una mossa che potrebbe costare cara a Mitt Romney che nonostante la vittoria in Iowa e new Hampshire potrebbe trovare oggi grandi difficoltà già in South Carolina.  Sensazione confermata anche dagli ultimi sondaggi che lo segnalano in pericolosa flessione. A pesare probabilmente anche l’ultimo dibattito in cui è risultato alquanto piatto e poco comunicativo.

Domani sera  vedremo se esiste o meno un effetto Perry sulla corsa alla presidenziali. Da candidato presidente è durato molto poco, da kingmaker potrebbe andare meglio.

 

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