Speeches

Solita carrellata di discorsi post primarie. Sempre in rigoroso ordine d’arrivo: Romney, Newt, Santorum, Paul.

Ieri sera Luca Bocci li ha commentati così:

Romney meglio del solito: secondo discorso decente dell’intera campagna elettorale – i suoi speech coaches saranno soddisfatti.
Santorum ha iniziato a prendersela con Romney sul Romneycare ma sembra decisamente meno convinto di qualche tempo fa: magari qualcuno ha già iniziato a fargli capire che il suo momento, non quello di Gingrich, potrebbe essere passato – tipica excusatio non petita, quasi freudiana direi.
Tutti naturalmente aspettavano Newt e, ricordando la sventagliata di bile sparata da Mitt dopo la legnata in South Carolina, temevano un’implosione stile Howard Dean.
L’imprevedibile Newt cosa fa? Rilancia, alla grandissima: parla come se fosse già non dico il candidato, ma addirittura il presidente degli Stati Uniti. Sembra dettagliare un “contract with America”, definisce la gara una “corsa a due” tra lui, il candidato conservatore e l’altro, il “moderato del New England”.
Bello il riferimento rivoluzionario, quando dice che metterà in gioco la sua vita, la sua ricchezza ed il suo “sacro onore” – ai teapartygiani tutti piacerà parecchio.
Funzionerà? Difficile a dirsi: la reazione finora non è stata delle peggiori, a giudicare dai ripples nella blogo-twittersfera.

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