Perché non voto

Pubblichiamo la versione integrale della dichiarazione di voto dell’ex ministro Maurizio Sacconi resa oggi al Senato durante la discussione del Disegno di Legge di riforma del Mercato del Lavoro.

Non ho partecipato ai voti di fiducia con la sola eccezione della disciplina relativa ai nuovi ammortizzatori sociali che condivido. Non parteciperò al voto finale. Da un lato non intendo concorrere a mettere in discussione la stabilità politica in un tempo cosi instabile.

Dall’altro, desidero con il non voto segnalare il fondato timore, espresso dalle associazioni di impresa, di una regolazione dei rapporti di lavoro peggiorativa rispetto a quella vigente e come tale disincentivante la nuova occupazione o la conferma di quella a termine, ancor più in un tempo di aspettative incerte.

A ciò si combinerebbe con l’assurda decisione di ieri volta a ridurre drasticamente la detassazione dei salari di efficienza con l’esclusione di 2 milioni di operai e impiegati e con un minore reddito medio stimato per i beneficiari di circa 1200 euro.

Con questo disegno di legge il Governo ha accettato il presupposto degli oppositori della legge Biagi che ho avuto l’onore di accompagnare ad approvazione. Quel pregiudizio secondo cui le tipologie contrattuali flessibili sarebbero causa di comportamenti patologici dei datori di lavoro, pronti a cogliere ogni opportunità regolatoria per abusarne in danno dei lavoratori.

Eppure i risultati inequivoci registrati fino all’avvio della crisi ci dicono di un saldo positivo per l’occupazione di oltre un milione e mezzo di lavoratori nel pur breve periodo intercorso e in un contesto di bassa crescita. La nuova disciplina, lodevolmente migliorata dalla Commissione per iniziativa prevalente del relatore Castro e del Presidente Gasparri – che ringrazio – rimane pesante e dispone incrementi del già elevatissimo costo indiretto del lavoro.

Le patologie di pochi hanno indotto oneri, vincoli ed adempimenti per tutti. Molte norme evocano in partenza controlli, presunzione di colpa, contenzioso, giurisprudenza incerta e quindi inibizione a farne uso per assumere. La stessa correzione dell’art. 18, già reso derogabile dalla contrattazione aziendale, non è tale da determinare certezze nel caso di interruzione del rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore. Ha pesato, ancora una volta, il veto ideologico dei soliti noti. 

La mia scelta vuole quindi evidenziare almeno la necessità di un efficace monitoraggio affinché, qualora le previsioni negative trovino conferma, vi possano essere tempestive correzioni. Marco Biagi indicava, nel Paese del rigido approccio ideologico ai temi del lavoro, l’opportunità di regolazioni sperimentali e reversibili.

Se le sue norme non hanno convinto tutti, si accetti almeno il suo metodo, quello di un riformista ansioso di produrre, anche per tentativi, risultati concreti in termini di inclusione nel mercato regolare del lavoro. 

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