Paura, eh?

Non serve aspettare i sondaggi per capire che con la scelta di Paul Ryan, Mitt Romney ha cambiato di netto la narrazione di questa campagna elettorale. 

Le reazioni vicine all’isterico di larga parte dei media liberal dimostrano che questo 42enne del Wisconsin può rivelarsi il vero fattore della campagna presidenziale: giovane, preparato, piace alla base ma anche all’establishment ed è in un certo senso più cool di Obama. 

La nuova strategia democratica è quella di dipingerlo come un pericolo per chi ha più di 65 anni oppure di far passare questo ticket per l’espressione perfetta dei bianchi ricchi e cattivi. L’accusa che rischia di essere un autentico boomerang, invece, è quella sul suo conservatorismo fiscale: per molti è un falco, per altri è molto più semplicemente uno che riesce a dire le cose che diceva Reagan argomentandole con i numeri.

Chi suggeriva a Romney una scelta più centrista spingeva il candidato repubblicano sulla strada sbagliata: l’ex governatore del Massachussets rappresenta già oggi una garanzia più che sufficiente per i moderati americani, mentre ad essere totalmente scoperta e priva di rappresentanza era rimasta quell’ala del partito che si è dimostrata fondamentale nella valanga delle ultime mid-term. 

Tra le mille cose che si sono lette c’è anche l’accusa di non essere mai stato eletto in niente di più importante del suo collegio da 700.000 abitanti. Tuttavia l’obiezione arriva da chi ha sostenuto l’elezione di un community organizer alla Casa Bianca, quindi possiamo anche soprassedere.

Ovviamente continuano a dire ossessivamente che questa per Obama è la scelta migliore, ma i segnali di nervosismo che arrivano dal Team O lasciano intendere il contrario. 

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