Right to cheat

I repubblicani (soprattutto quelli maschi e bianchi) sono brutti, sporchi e cattivi e vogliono impedire al popolo di votare. Lo dice anche Maria Laura Rodotà. Ma questa storia dell’ostruzionismo alla libertà di voto fa davvero un po’ ridere, ancora di più quando a raccontarla è chi vive in uno dei paesi europei a più alto grado di burocratizzazione. 

E’ vero: ultimamente c’è la tendenza a controllare più strettamente i documenti di voto. Ma per dire le cose come stanno ecco le regole per votare in Florida e decidete voi se sono troppo restrittive. 

Se vuoi votare devi portare una foto autenticata e firmata che garantisca che tu sia chi dici di essere e che tu sia effettivamente residente nel collegio dove stai andando a votare. Meglio di tutto è portare la patente di guida: c’è la foto e c’è l’indirizzo e gli addetti al seggio fanno prima ad esperire le pratiche per farti votare. Se non hai la patente va bene la carta d’identità della Florida, il passaporto, persino una qualsiasi carta di credito o debito, il tesserino militare, la carta dello studente etc. L’importante insomma è che ci sia il tuo nome, la tua foto, la tua firma. Nel caso sul documento che presenti manchi ad esempio la firma occorrerà un altro pezzo di carta con la tua firma autenticata. Lo scopo è identificarti senza ombra di dubbio. Non sembrerebbe un requisito particolarmente bizzarro in caso di elezioni. O no?

Volete provare voi a presentarvi al seggio in Italia senza carta d’identità e senza certificato elettorale e vedere se il presidente del seggio vi fa votare o se chiama la neuro e vi sbatte fuori a calci?

Non vi sembra forse più grave il fatto che alcuni seggi elettorali abbiano questo tipo di arredamento

Perché quello che la Rodotà non vi dirà mai è che il restringimento delle regole per accedere al voto rispetto all’estrema liberalità che c’era prima dipende soprattutto dal fatto che negli ultimi anni si sono moltiplicati i sospetti di voto fraudolento organizzato da associazioni vicine al partito democratico. Ma questa è un’altra storia e non la leggerete sul Corriere. 

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