La sfida degli euroscettici italiani

Sta nascendo, in questi giorni, “Libera Europa”, una nuova iniziativa politica che intende dare voce alle posizioni euroscettiche, cioè ostili al progetto di un’unione politica continentale.

Non si tratta semplicemente di una critica su questa o quell’interferenza di Bruxelles; si tratta al contrario di prefigurare una vera e propria alternativa all’Unione Europa, attraverso dispositivi che consentano di preservare i vantaggi del mercato unico e dell’integrazione economica senza la necessità di un’infrastruttura istituzionale paneuropea.

Si tratta di posizioni evidentemente distanti dal mainstream politico italiano, se si considera che anche in questi giorni, nel discorso sulla fiducia al Senato, il presidente del Consiglio Letta non ha mancato di omaggiare, come fa spesso, il concetto di “Stati Uniti d’Europa”.

Nei fatti, nelle élite politiche, permane una fiducia apparentemente inscalfibile in un progetto politico di costruzione a tavolino di un superstato europeo che sposti verso l’alto il diritto di supremazia.

Obiettivamente è difficile capire quanto vi sia di ideologia e quanto di opportunismo nell’europeismo italiano; in che misura si creda veramente nelle virtù di un progetto di ingegneria sociale e culturale ed in che misura invece il richiamo al “sogno” europeo rappresenti una forma di autodifesa di una classe politica che punta a colmare con l’investitura dall’alto il difetto di legittimazione dal basso.

Quello che è certo è che al contrario di altri paesi che hanno attraversato un profondo dibattito interno sull’integrazione europea, l’Italia è “entrata in Europa” in modo spensierato, desiderosa in parte di fuggire da se stessa, dai propri vizi e dalle proprie miserie.

Così come il dittatore dello Stato Libero di Bananas “modernizzava” il proprio paese imponendo che si parlasse svedese, allo stesso modo in troppi in Italia hanno ritenuto che bastasse un processo formale calato dall’alto ed una nuova simbologia istituzionale per sprovincializzare lo stivale.

Le cose sono andate in modo diverso. I politici italiani si sono affannati un po’ per entrare nell’Euro, ma poi si sono “seduti” sulla solidità che esso garantiva. In fondo perché continuare a correre quando hai già preso l’autobus?

L’euroentusiasmo italiano è durato fino a tempi relativamente recenti. Poi è arrivata la crisi e la visione oleografica dell’Europa politica ha cominciato ad incrinarsi, via via che si creava una divaricazione tra la narrazione europeista e la percezione del cittadino comune.

Come alcuni sondaggi hanno evidenziato, nella gente sta maturando una disaffezione crescente nei confronti di Bruxelles ed in questo contesto finiscono purtroppo per trovare un facile spazio le analisi semplificate e demagogiche di chi vorrebbe per l’Italia soluzioni “argentine” – di chi sogna di affrancarsi dai vincoli di Bruxelles per poter fare allegramente deficit spending e poter finanziare indefinitamente la spesa pubblica attraverso l’espansione monetaria.

La sfida di Libera Europa è quella di rappresentare un euroscetticismo liberista ed antistalista, un euroscetticismo “realista”, lontano dalle suggestioni del grillismo, del complottismo e dell’estremismo in varie salse.

Si tratta , in altre parole, di muoversi in uno spazio politico che in altri paesi europei forze politiche liberalconservatrici – come l’UKIP in Gran Bretagna, Alternative für Deutschland in Germania ed il Team Stronach in Austria – stanno occupando con crescente successo.

Le argomentazioni di Libera Europa sono ispirate ai princìpi del mercato e della libertà individuale e alla sfiducia verso la politica come creatrice di valore. Più Unione Europea vuol dire più politica, più risorse che sono sottratte al tessuto produttivo e consegnate all’intermediazione di politici e burocrati. Vuol dire anche, nei fatti, meno “responsabilità” per i governi nazionali che possono portare avanti politiche elettoralistiche sapendo di avere le spalle coperte dalla garanzia ultima offerta da Bruxelles e da Francoforte.

Contrariamente a quanto taluni pensano, più Unione Europea vuol dire poi più tensioni in Europa, perché lo scontro sulla “politica unica” alimenta anche tensioni ed inimicizie tra i popoli europei e rischia di risvegliare nazionalismi, talora anche estremi, come si vede nel caso della Grecia.

Il conflitto tra paesi dell’Europa del Nord e paesi dell’Europa del Sud sulla gestione dell’Euro e del “fiscal compact”  sta portando il continente in uno scenario “belga” – Dio non voglia che diventi un giorno uno scenario “yugoslavo”.

A questa pericolosa deriva, Libera Europa prova a contrapporre il modello di un’Europa “orizzontale”, un network di Stati politicamente indipendenti ed economicamente integrati.

468 ad