U.S. Army, morale ai minimi storici

usarmyLe forze armate degli Stati Uniti sono ancora le prime del mondo, per numero, tecnologia e volume di investimenti. Una statistica nota ad amici e nemici degli Usa continua a ricordarci che gli Usa siano primi in fatto di spesa militare e investano più dei successivi 20 paesi messi assieme. Tuttavia è altrettanto evidente che l’amministrazione Obama sia la meno military-friendly degli ultimi 40 anni. E il morale delle truppe non è mai stato così basso.

A rilevarlo, oltre a una serie di piccoli ma inquietanti segnali, è un sondaggio commissionato da Military Times, una rivista online di orientamento conservatore (dunque di parte contraria all’amministrazione democratica), ma in ogni caso seria e dettagliata nel condurre una periodica indagine completa sulle idee e le percezioni politiche, economiche e morali delle forze armate a stelle e strisce. Lo scenario che emerge, dietro al rigoroso silenzio e alla professionalità che contraddistingue gli uomini in uniforme, è a dir poco desolante. Il tasso di approvazione di Barack Obama, è precipitato da un già basso 35% nel 2009 all’attuale 15%. Quasi quanto i francesi amano Hollande!

Le altre forze politiche, comunque, non godono di una maggiore stima. Solo il 12% ritiene che i due grandi partiti abbiano a cuore le sorti delle forze armate. I militari che si definiscono repubblicani sono passati dal 50% del 2009 al 32% attuale. I democratici. Crescono preferenze politiche che prima erano quasi irrilevanti: il 7% si dice libertario e il 28% indipendente.

Ma ancora peggiori sono i dati che riguardano il grado di soddisfazione personale ed economica. Nel 2009, il 91% dei militari considerava “buona” o “eccellente” la propria qualità della vita, benché si fosse già entrati in un periodo di crisi economica. Dopo cinque anni, esprime lo stesso buon giudizio sulla propria vita solo il 56% dei rispondenti. Ancora peggiore è la visione del futuro: il 70% vede la propria qualità della vita in declino per i prossimi anni. Nel 2009, l’87% dei militari riteneva la propria paga “buona” o “eccellente”. Adesso è solo il 44%, meno della metà.

In altri tempi, o in altre realtà meno democratiche, avremmo potuto temere un colpo di Stato. Quando viene a mancare sia la fiducia che la paga del soldato, il sovrano non dura molto. Oggi sono altri tempi e l’America, con i suoi quasi tre secoli di democrazia liberale, è a prova di bomba atomica. Ma lo scenario è ugualmente preoccupante. Tanto che un allarmato senatore John McCain, presidente della commissione Difesa al Senato, ritiene che la situazione “richieda un’attenzione immediata e si debba agire subito”. Il danno può subirlo la politica estera americana. Con che spirito le truppe possono andare a combattere oltremare? Con che faccia tosta le si manda ad affrontare l’Isis in Iraq o, peggio ancora, a fronteggiare i russi in Polonia e nel Baltico? Lo stesso sondaggio rileva che solo il 30% delle truppe ritenga che la lunga guerra in Iraq sia stata un successo e una percentuale analoga pensa lo stesso anche sull’Afghanistan, da cui si sta completando il ritiro. E il 70% si dice contrario a un intervento di terra contro l’Isis, in Iraq e Siria. E’ realistico pensare che, nel 2015, gli Usa continueranno il loro ritiro dal resto del mondo. Coerentemente con il taglio degli organici che proseguirà fino al 2017, quando l’esercito raggiungerà le dimensioni più piccole dal 1940. Gli alleati, sia in Europa che in Asia, dovranno abituarsi all’idea dell’autodifesa.

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