GOP 2016. Le pagelle del quinto dibattito

AP_gop_debate_group_2_jef_151215_12x5_1600

TED CRUZ 7

Ha scelto Marco Rubio come avversario e ha deciso di non attaccare Trump, da cui spera di ereditare flussi consistenti di elettori in uscita dal bacino del tycoon. Debater sopraffino, dosa grinta e moderazione con intelligenza, non va mai troppo sopra le righe. Il tema della politica estera poteva essere per lui potenzialmente un problema e invece sfodera una prestazione di tutto rispetto. Ha fatto esattamente quello che doveva fare.

JEB BUSH 7

Se questo fosse stato lo standard, oggi Trump sarebbe un pericolo scampato. Serata davvero positiva per l’ex governatore della Florida che sceglie di ritagliarsi il ruolo dell’anti-Trump nella speranza che il voto mainstream e dell’establishment, alla fine, caschi su di lui. Non sarà facile perché la situazione è abbastanza compromessa però se c’è un punto da cui ripartire è proprio questo. Ossigeno puro per i sostenitori e, soprattutto, per i finanziatori.

MARCO RUBIO 6,5

Mezzo voto in meno perché è quello più attaccato e pare soffrire particolarmente la pressione. E’ ottimo quando può parlare senza troppe attenzioni addosso, va in debito di ossigeno (e di acqua) se tirato in mezzo nella gazzarra. Diventa il bersaglio preferito di Ted Cruz e sembra far finta di niente. La mancanza di mordente in alcuni passaggi fa pensare che qualcosa di vero, in quelle allusioni, ci possa essere e che il nostro junior senator della Florida abbia un non meglio precisato scheletro nell’armadio.

CHRIS CHRISTIE 6,5

Ha preso fiducia dibattito dopo dibattito. Oggi appare un altro rispetto al primo scontro in tv. Sicuro al punto giusto, alterna con sapienza visione per il paese e vissuto personale. E’ come Cruz un ottimo debater e se continua così bisognerà fare i conti anche con lui per il New Hampshire. Rimane il grosso punto di domanda sulla connessione possibile con la base del partito repubblicano.

DONALD TRUMP 6,5

Questa volta il protagonista non è lui. Bush lo attacca con efficacia e lui per la prima volta sembra ragionare più come un candidato alle presidenziali che come il mattatore del suo personalissimo show televisivo. La prestazione è sotto la media delle sue ultime performance, anche se è difficile dire l’impatto che questo avrà sull’elettorato. Non convince sui temi ma rimane comunque il front runner: da qui in avanti gli basterà limitare i danni. E ieri sera, oggettivamente, non ha corso rischi particolari.

CARLY FIORINA, JOHN KASICH, BEN CARSON, RAND PAUL n.c.

Semplicemente inesistenti. Se non ci fossero stati non sarebbe cambiato molto. Ed è ragionevole che tutti e quattro non ci saranno più quando si voterà in Iowa.

468 ad