Popper e il paradosso della tolleranza
In Italia non si è mai sentito citare il “paradosso della tolleranza” di Karl R. Popper tanto spesso come negli ultimi mesi. Prima da chi invocava i caschi blu delle Nazioni Unite contro il ritorno imminente del regime fascista in Italia. Poi da chi ha difeso la decisione, da parte di Facebook e Instagram, di oscurare i profili legati a CasaPound e Forza Nuova. La vulgata messa in giro sui social (e purtroppo anche sulle pagine di giornali apparentemente rispettabili) ricalca più o meno il primo paragrafo della voce “Paradosso della tolleranza” presente sull’edizione italiana di Wikipedia: “Una collettività caratterizzata da tolleranza indiscriminata è inevitabilmente destinata ad essere stravolta e successivamente dominata dalle frange intolleranti presenti al suo interno. La conclusione, apparentemente paradossale, formulata da Popper, consiste nell’osservare che l’intolleranza nei confronti dell’intolleranza stessa sia condizione necessaria per la preservazione della natura tollerante di una società aperta”. Tutto molto bello. E soprattutto molto in linea con chi difende a spada tratta la decisione di censurare i crudeli neofascisti.
Ora, da popperiano duro e puro della prima ora, senza alcuna simpatia per i movimenti in questione (mi sembra che, a forza di spingersi verso la loro idea di “destra”, facciano il “giro” per rispuntare all’estrema sinistra) fatemi osservare che il “paradosso della tolleranza” di Popper è tutt’altra cosa. E per scoprirlo, non è necessario rileggersi il primo volume de “La società aperta e i suoi nemici” – quello dedicato a Platone – in cui la questione viene sollevata in una nota al capitolo 7. Anche perché, parliamoci chiaro: “La società aperta” è uno dei classici del pensiero più citati e meno letti del Novecento. Basterebbe, invece, non fidarsi di quella parodia di enciclopedia universale che è diventato Wikipedia Italia e andare direttamente alla fonte inglese, che ci regala il testo integrale della nota in questione.
Traduciamo all’impronta. “Meno noto è il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata porta necessariamente alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo la tolleranza illimitata anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo preparati a difendere una società tollerante dall’assalto dell’intollerante, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con loro”. Fino a questo punto, tutto sembrerebbe tornare. Poi, però, Popper si sente in obbligo di chiarire il concetto. E aggiunge: “In questa formulazione, non intendo, per esempio, che dovremmo sempre sopprimere la diffusione di filosofie intolleranti; fintanto che possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e tenerle sotto controllo da parte dell’opinione pubblica, la soppressione non sarebbe certamente saggia. Ma dovremmo rivendicare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; poiché (…) potrebbero vietare ai loro seguaci di ascoltare argomenti razionali, perché ingannevoli, e insegnare loro a rispondere agli argomenti usando i pugni o le pistole”.
Qui il cerchio si chiude. Popper esclude spontaneamente l’obbligo di “sopprimere la diffusione di filosofie intolleranti”, mantenendo la riserva mentale di poterle sopprimere “se necessario, anche con la forza”, nel caso in cui gli intolleranti comincino a rispondere alle “argomentazioni razionali” con l’uso di “pugni e pistole”. Non bisogna essere tolleranti con chi utilizza la violenza a fini politici, insomma, che è cosa piuttosto diversa dal censurare filosofie o ideologie che ci sono in qualche modo sgradite.
Popper, del resto, ha scritto la Società aperta nel 1945, in un periodo storico che aveva appena visto l’Europa (quella occidentale, almeno) emergere da decenni di violenza politica, guerra e oscurantismo. La sua preoccupazione, insomma, era quella di mettere in guardia l’Occidente dal rischio di precipitare nuovamente in quella spirale perversa. Non aveva certo intenzione – e lo scrive esplicitamente – di censurare alcunché (non sarebbe certo, dice, una “scelta saggia”).
Eppure i novelli soloni del politicamente corretto non si fanno troppi problemi nello stravolgere il pensiero popperiano a proprio uso e consumo. Esattamente come hanno fatto anni fa, con Popper moribondo, utilizzando una sua uscita estemporanea contro la televisione per additare al mondo il mostro berlusconiano. Sulla rete circolano perfino simpatici fumetti che spiegano alle masse il “paradosso della tolleranza” fermandosi, naturalmente, alla prima parte del ragionamento (quella che può essere utilizzata per colpire gli avversari politici di turno).
Concludiamo ricordando ai nostri lettori come “La società aperta”, scritta appunto nel 1945, sia stata pubblicata in Italia soltanto nel 1973-74, dopo aver conosciuto quasi trent’anni di deliberata censura editoriale perché Popper era considerato dal gotha intellettuale nostrano un reazionario maccartista difensore delle società occidentali. A censurarlo, naturalmente, furono i cattivi maestri di chi, oggi, è diventato un paladino dei bavagli digitali.
(da L’Opinione del 18 settembre 2019)
Condivido a pieno l’articolo Andrea, in questi ultimi mesi leggendo i quotidiani la tolleranza ad ogni costo è usata come pretesto per cancellare il pensiero diverso, palesemente in modo forzato.
Ciao ragazzi, innanzitutto bentornati.
Non ci conosciamo personalmente, ma da più di 10 anni seguo una certa “blogosfera”, molta della quale conosciuta tramite Tocqueville.
Devo dirvi che molte idee sono circolate grazie a questa.
Personalmente, dopo una formazione economica universitaria che consideravo di livello, è proprio grazie a Tocqueville che ho potuto conoscere autori e pensatori, filosofi ed economisti liberali, degni di questo nome.
Poi ho letto, studiato, approfondito in autonomia, ma ricordo ancora blog di assoluto valore e spessore. Ad esempio 2909 (ventinove settembre), di cui oggi non trovo traccia, ma non solo.
Nulla a che vedere col deserto culturale attuale, magari su social network.
Quindi non posso che invitarvi a riprendere ed andare avanti.
Il centrodestra è morto? Sì, culturalmente prima di tutto, e non da poco.
Ma le idee no, non ancora, anche se nel totalitarismo politicamente corretto e strisciante di oggi fanno molta fatica.
Quindi c’è assoluto bisogno di portarle avanti, anche proprio per rifondare culturalmente una parte politica.
Voglio essere positivo: nella “ribellione contro le elite” c’è MOLTO di sano e di liberale.
Ce lo vendono come populismo becero, ma se lo è lo è solo in parte.
Il liberalismo nasce precisamente come affrancamento del “popolo” dal mainstream, dai potenti, dai ricchi e nobili dell’epoca.
E non c’è dubbio che la “borghesia” sia stata vista a suo tempo come dei buzzurri ignoranti.
Ed il “libero mercato”, cos’è intrinsecamente, se non la rivendicazione di un’autonomia decisionale e gestionale, per ognuno, rispetto alle scelte imposte dall’alto?
Il socialismo, il collettivismo (su cui il cdx si è a lungo adagiato) non funzionano non perchè a capo non ci siano persone abbastanza colte od istruite, ma perchè è il meccanismo stesso a non funzionare: non è in grado di svilupparsi, di essere creativo in modo sano, di esplorare soluzioni, ed infine di selezionare quelle che funzionano. Confrontandosi con quello strumento di interoperatività, anche temporale (vedi capitali e tassi oggi ridicolmente a zero), chiamato mercato.
La stessa questione di fisco e spesa pubblica, da contenere, è da ricondurre (in parte) a questo: decisioni di spesa centralizzate vs decisioni diffuse immerse in un meccanismo di analisi e selezione
Sono quindi le pseudo elite ad essere ignoranti, quando non capiscono questo e pretendono di gestire dall’alto.
In fondo la gente lo sa, forse senza troppa consapevolezza, ed è per questo che si ribella, che chiede la Brexit, che elegge Trump.
Non lo sanno i presunti “istruiti”, spesso nient’altro gente che prima ha imparato solo a ripetere a pappagallo, anzichè a pensare e ragionare, e poi viene remunerata da “posti” che, fintamente privati, spesso assomigliano ai vecchi apparati del pcus.
Queste idee non sono morte: il successo enorme di Taleb, con la sua denuncia dell’ignoranza degli IYI, è lì a dimostrarlo.
Quindi ragazzi, è ora di continuare, più che mai!
Ed ora, un commento nello specifico.
Sono anch’io allibito dallo stupro di Popper, di cui ho già avuto modo di discutere con altre persone.
Conoscendolo meglio di queste, e non da oggi, sono assolutamente convinto che Popper avesse in mente proprio persone come loro, con la loro intollerante censura verso la libertà, di pensiero e non solo.
Sono quindi loro le persone intolleranti che non possiamo tollerare, col loro pensiero unico politicamente corretto, i loro dogmi come quello dell’agw, i loro strumenti di indegna propaganda degna di Goebbels, come Greta.
Sono loro a voler silenziare il dibattito, il confronto di idee, e l’apertura mentale che traspare chiaramente dal pensiero di Popper.
La stessa idea della scienza che aveva – il suo pensiero in questo senso appare sempre più importante – lo mostra chiaramente: mai avere certezze, mai nessuna “verità” è definitiva ed assoluta.
Sempre mettere in dubbio, tutto.
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Non è forse l’esatto contrario dei tanti soldatini che vediamo oggi, tutti addestrati ad ubbidire, ad eseguire, ad allinearsi al pensiero dominante sempre e comunque, a non pensare con la propria testa nè in modo critico?
Analisi perfetta!
Purtroppo ci troviamo in una società occidentale, che tra le occidentali è la più marxista, anzi “catto-marxista” di tutte.
I tragici fatti di Bibbiano, danno la misura di come anche questi atti criminali, diventino sottile machete politico. Infatti, dimostra ineluttabilmente come l’intepretazione storico marxista dei fatti, prescinda, dai fatti reali stessi.
Nel loro modo di raccontare la storia, l’avvenimento reale diventa secondario rispetto ad altri fattori condizionanti quali l’economia o la politica, per esempio, relegando il fatto stesso a una sorta di quinta scenica dove si svolge la narrazione in funzione di fattori del tutto avulsi dagli avvenimenti reali.
Ne usciremo fuori?