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Il mio Sì
Come ogni referendum che toglie potere ai partiti, anche questo viene relegato in una calda domenica quasi estiva. Così che la scelta non sia più tra votare sì o no, ma tra votare e andare al mare. Se a questo sommiamo il fatto che gli italiani sono più interessati al caro-ombrellone che alla riforma elettorale, capiamo quanto sarà difficile raggiungere il fatidico quorum. Nonostante questo o, forse, soprattuto grazie a questo, quei pochi che hanno qualcosa da dire a riguardo dovrebbero dirlo forte e chiaro. Io andrò a votare e voterò sì. Convintamente. I motivi sono molteplici ma sono riconducibili tendenzialmente a due ragioni. Innanzitutto l’attuale legge elettorale. Ridicola se la si guarda con occhi un po’ critici e perfino dannosa perchè capace di mandare in parlamento una schiera di segretari, amici, compagni di merende e di formare una classe politica che definire imbarazzante è un sottile eufemismo. Questo referendum non cambia il metodo di selezione degli eletti, è vero. Ma certamente porta la norma ad un paradosso tale che difficilmente una vittoria dei sì, lascerà la casta inerme. Potremmo arrivare, insomma, ad una riforma indotta da un segnale popolare. E la cosa non mi dispiacerebbe, anzi. Poi c’è la questione del premio di maggioranza, assegnato al singolo partito e non più alla coalizione che ottiene più voti. Mi sembra buona cosa. Perché mi pare civile che chi si candida a governare lo faccia con programmi precisi, certi e con agende politiche che non debbano risentire di mutate condizioni politiche in corso d’opera o, peggio, di risultati elettorali che non sono quelli preventivati. Essersi tolti di mezzo l’Udc, ad esempio, ci ha portato ad una compagine di governo decisamente più coesa di quanto non fosse quella del 2001. Pensare ad un partito unico al governo (che poi non è detto non possa essere espressione anche di anime e culture politiche diverse) significherebbe immaginare uno scenario molto simile a quello di Gran Bretagna, Spagna, Francia, Stati Uniti e molti altri paesi che non sto qui ad elencarvi. Preferisco di gran lunga quei modelli al nostro e, senza isterie, voterò sì. Ben sapendo che potrebbe anche non cambiare nulla da martedì prossimo ma che, almeno, un segnale lo avremo mandato. Rimane poi il problema della selezione della classe dirigente, ma questo è argomento per altri dibattiti. Non referendari ma culturali, sociali, politici.