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Ci serve il Silvio migliore
Il maxi risarcimento a De Benedetti, poi la presentazione del movimento di Luca Cordero di Montezemolo, poi ancora la bocciatura del Lodo Alfano. Se tre indizi fanno una prova, l’attacco frontale a Silvio Berlusconi è appena iniziato. Negli ultimi anni abbiamo passato il nostro tempo a rimproverare a Berlusconi tutti i suoi errori: la mancata costruzione di un partito vero, la sfida persa delle riforme, i vizi personali. Ieri, di colpo, ci siamo risvegliati nell’incubo di un paese in cui una parte politica esulta come alla finale dei mondiali di calcio perché può vedere il suo avversario processato. Potrebbe essere anche normale, in un paese serio. Ma l’Italia ha dimostrato più volte di non essere un paese serio. Non nel 1992 con la prima onda manettara e giustizialista che ha selezionato , all’interno di un sistema corrotto, chi doveva sopravvivere e chi no. Non nel 1994 quando un avviso di garanzia chiuse la prima esperienza politica del centrodestra al governo e ancor meno quando nel tritacarne giudiziario ci è finito Clemente Mastella e con lui l’intero governo Prodi. Nel mezzo anni di intercettazioni, veleni, giornali che sono sembrati più bollettini delle procure che organi di informazione. Poi, magari, assoluzioni e smentite, ma è rimasta in tutti noi l’impressione che nell’agone politico, oltre ai partiti e agli elettori, ci stiano da tanto, troppo tempo, anche i giudici. Berlusconi è uguale agli altri davanti alla legge ed è giusto che sia così. Ma,certamente, quest’uguaglianza non esiste davanti ai giudici e alle procure. Il Berlusconi politico è stato trattato diversamente rispetto al Berlusconi imprenditore e per capirlo basta guardare il numero di procedimenti a suo carico iniziati dopo la “discesa in campo”. Tutto questo con l’aggravante di un paese che ha risolto per via giudiziaria gran parte dei suoi problemi politici e che si appresta ad archiviare a colpi di udienze anche l’esperienza anomala di questo tycoon di lotta e di governo. Sarebbe bastato tutto questo a giustificare l’immunità garantita alle più alte cariche dello Stato e sarebbe bastato molto meno per convincere tutti noi della necessità di una riforma seria del sistema giudiziario. Ma in un paese in emergenza democratica permanente, vera o presunta che sia, i problemi si affrontano solo quando diventano così grandi da non essere più rimandabili. L’equilibrio dei poteri è uno di questi ed esplode oggi perché investe il Presidente del Consiglio, ma il tema di una giustizia come quella italiana doveva essere sul tavolo da tempo. A Berlusconi rinfacciamo di non essersi adoperato prima per cambiare i cancri che stanno uccidendo lentamente l’Italia. Ma non possiamo non guardarci allo specchio e non dirci, altrettanto onestamente, che cure alternative non esistono e che l’unica speranza che ci rimane è che il Berlusconi volitivo di ieri sera comprenda come, al di là della sua personale battaglia, questa sia diventata una questione che riguarda tutti noi, il voto che abbiamo espresso, il paese in cui vogliamo vivere.