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Job Opportunities
Giorni fa trovo in casella una mail di un’amica con un link e un messaggio: “The Times openings!! Go for it!!”. E così salta fuori che ogni anno almeno 300 persone inviano le proprie candidature al quotidiano britannico di proprietà di Rupert Murdoch. Basta cliccare alla voce “job opportunities” che quasi tutti i giornali o i gruppi editoriali di stampo anglofono ospitano in fondo alle home page. In Italia non accade, sia mai! Anche da questo aspetto, si misura la risposta alla crisi.
Le “job opportunities”, le opportunità di lavoro, in questa parte di mondo non sono concesse, perché – ed è inutile che raccontino balle, sventolando la bandiera della meritocrazia – quella che più conta è la raccomandazione. Non il “te lo raccomando questo, perché è uno in gamba”, ma il “ti raccomando, piglialo!”. E se malauguratamente si finisce nel giro dei candidati, dopo un colloquio scatta categorica la chiusura “le faremo sapere”. Ovviamente, nessuno si farà vivo.
Una volta ho scritto a David Cameron, fresco di nomina a leader dei conservatori, per avere qualche delucidazione in merito ad alcuni punti del suo programma che parevano fumosi. Non mi aspettavo di certo che fosse lui a rispondere alla mia e mail, ma una risposta è pur sempre arrivata da una ragazza che faceva parte del suo staff. Il tutto in 48 ore all’incirca. I dubbi su quegli aspetti fumosi del programma rimangono, perché la replica sembrava scritta da Cameron in persona, ma non ci ho badato più di troppo. Rimaneva il peso della risposta in sé. Come quando decisi di inviare il curriculum sia allo Spectator che a FHM (sì, FHM, perché uno ha il diritto di divertirsi quando lavora), ben sapendo che difficilmente mi avrebbero preso in considerazione. Cortesemente, mi fecero sapere che al momento erano a posto. Ma me lo fecero sapere.
Ecco dove sta la differenza: perché anche il sottoscritto compare nella lunghissima lista di chi ha scritto alle redazioni italiane, senza manco avere un cenno di risposta dall’altra parte, perché in Italia a mancare è la cultura del rispetto per il lavoro, stritolata dai paradossi di corporazioni e ammuffite classe dirigenti.
Finché non avremo delle “job opportunities”, la retorica politico-economica rimarrà quello che è. Retorica.
DARIO MAZZOCCHI, 27 anni, lombardo, giornalista. E’ uno di provincia, e ci tiene. Appassionato di Guareschi, Rugby e Conservatori Inglesi. Ha scritto su Libero e non l’ha mai detto a nessuno, scrive su The Right Nation e lo racconterà ai nipotini. Thatcheriano puro, non ri rassegna ad avere David Cameron come leader. Ha un blog, Mondopiccolo, un Tumblr, un profilo Facebook e tutto quello che serve per rimorchiare.