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Nightmare
Mentre gli intellettuali liberal iniziano a mostrare segni evidenti di panico, in meno di due settimane Rick Perry ha totalmente ribaltato il campo di battaglia delle primarie repubblicane. Nell’ultimo sondaggio nazionale di Rasmussen, il governatore del Texas ha un vantaggio in doppia cifra nei confronti di Mitt Romney (con uno “swing” del 15% rispetto alla fine di luglio). E nell’ultima rilevazione di Public Policy Polling (sondaggista democratico), Perry è passato in testa anche in Iowa, dove appena un mese fa non era neanche preso in considerazione dagli istituti di ricerca.
Ora, mentre Romney ha una struttura e una strategia in grado di resistere ad una sconfitta in Iowa (fermo restando il suo vantaggio in New Hampshire), una non-vittoria nell’Hawkeye State significherebbe con ogni probabilità la fine prematura della campagna di Michelle Bachmann. Fino ad oggi, prendendo in considerazione i primi tre appuntamenti della stagione delle primarie, era possibile ipotizzare una vittoria della Bachmann in Iowa, una di Romney in New Hampshire e una di Perry in South Carolina. Se Perry vincesse anche in Iowa, la sfida-a-tre si trasformerebbe immediatamente in un testa-a-testa tra Perry e Romney (Ron Paul permettendo).
Ieri Nate Silver, su FiveThirtyEight, sosteneva la possibilità teorica di altre candidature di peso in campo repubblicano. Lo spazio, almeno geograficamente, sembrerebbe esserci (anche se il quadrante in basso a destra, quello più importante a livello di primarie, sembra già parecchio affollato).
Provate ora a guardare lo stesso grafico con l’entrata in campo di Sarah Palin, Rudy Giuliani, George Pataki, Chris Christie e Paul Ryan. Incidentalmente, mi piacerebbe conoscere il criterio con cui Silver ha piazzato Rudy Giuliani più a sinistra di Jon Hunstman nell’asse “moderate/conservative” (Ron Paul arruolato tra i “moderati”, poi, grida davvero vendetta). Ma facciamo finta di niente.
Il sovraffollamento raggiunge livelli indiani – nel senso di Calcutta – e molti dei candidati si pestano i piedi inseguendo la stessa fetta d’elettorato. Anche se un po’ di spazio ci sarebbe, insomma, ritengo estremamente improbabile una nuova candidatura alle primarie del GOP in grado di sconvolgere la gara nelle prossime settimane come è riuscito a fare Rick Perry a metà agosto.
L’esito più plausibile, invece, è che la sfida si trasformi presto in uno scontro a due tra Rick Perry e Mitt Romney, con il governatore del Texas leggermente favorito. Con buona pace di Karl Rove, dei trial lawyers e dei soliti noti.