L’ultima spiaggia dei conservatori
La mossa era nell’aria già da qualche giorno. Ma sembrava troppo intelligente per essere vera. Soprattutto in un momento in cui, con grande sollievo di Barack Obama, i contendenti alla nomination del partito repubblicano per le elezioni presidenziali sembravano tutti impegnati in una gigantesca (e costosissima) partita “a perdere”. Eppure alla fine è accaduto: Rick Perry lascia, per appoggiare Newt Gingrich. Proprio come aveva chiesto/previsto appena 24 ore fa Erick Erickson, il boss di Redstate.com, che in estate aveva ricoperto un ruolo di primissimo piano nel lancio della candidatura del governatore texano. Una candidatura che a lungo era sembrata in grado di compattare il fronte anti-Romney e portare alla vittoria un personaggio apprezzato contemporaneamente dal mondo conservatore e dagli attivisti del Tea Party. Perry, insomma, anche in virtù degli straordinari risultati ottenuti dall’economia texana in un periodo di profonda crisi per tutti gli Stati Uniti, sembrava il candidato “perfetto”. Malgrado il ricordo, non freschissimo ma ancora ingombrante, lasciato a Pennsylvania Avenue da un altro texano, anche se d’adozione, come George W. Bush.
Quello che non avevano previsto i molti analisti (compreso chi scrive) che pronosticavano una cavalcata da front-runner di Perry verso la nomination, però, è arrivato subito dopo i fasti sondaggistici dell’estate, con i primi dibattiti televisivi. Perry è sembrato immediatamente non all’altezza della situazione. Pigro, svogliato, quasi incapace di reagire agli attacchi degli altri candidati. Un mistero, per chi ne apprezzava le doti da comunicatore affinate in tanti anni di carriera politica senza mai una sconfitta elettorale al passivo. Invece di migliorare con il passare del tempo, poi, le performance televisive di Perry sono addirittura peggiorate, fino ad arrivare al punto-di-non-ritorno del celebre “oops” che ha fatto il giro del mondo azzoppandone definitivamente la candidatura.
Dopo aver toccato il fondo, per la verità, Perry sembrava essersi ripreso, almeno in parte. Ma nonostante ogni sforzo, anche economico, il governatore del Texas non ha mai riacquistato il momentum perso a settembre, malgrado gli altri sfidanti conservatori di Romney continuassero ad alternare impennate poderose a tracolli istantanei. Dopo la mediocre prestazione in Iowa, molti avevano pronosticato un ritiro anticipato di Perry dalla corsa. Ma il suo orgoglio lo ha spinto a ritentare il surge, saltando a pie’ pari il New Hampshire per giocarsi tutto in South Carolina.
Oggi, alla vigilia delle consultazioni nel Palmetto State, Perry ha dovuto prendere atto di come la speranza di una rimonta fosse ormai svanita. Nella media dei sondaggi RCP il governatore era malinconicamente quinto (e ultimo) dietro a Romney, Perry, Santorum e Paul. E ha scelto di fare la cosa giusta.
Invece di uscire dalla contesa umiliato e con le ossa a pezzi, Perry ha deciso di ritirarsi per appoggiare l’unico candidato in grado di opporre una qualche residuale forma di resistenza alla ormai sempre più probabile vittoria di Mitt Romney. Escluso Ron Paul (a causa di una visione del tutto incompatibile sulla politica estera) ed escluso Rick Santorum (dal quale troppe cose lo dividono), l’unica alternativa restava il buon vecchio Newt Gingrich. “La campagna di Perry è finita – scriveva ieri Erick Erickson su RedState.com – Ma potrebbe finire con un acuto inaspettato, aiutando il fronte conservatore a ritrovare l’unità in funzione anti-Romney, come nessun altro è riuscito a fare finora. Rick Perry potrebbe essere il catalizzatore ed il kingmaker che molti hanno cercato invano. Perry è arrivato fino a questo punto spinto dalla sua fede e dai suoi principi. Ha combattuta una battaglia giusta, ma non ha dimenticato quello di cui ha bisogno la sua nazione. Ora si trova di fronte ad una scelta: o abbandona dopo il voto di sabato, senza il capitale politico che un endorsement potrebbe garantirgli; oppure prova a sparare l’ultimo colpo per provare a salvare il movimento conservatore”.
Perry ha scelto di sparare il suo “ultimo colpo”. E adesso la scelta passa ai conservatori della South Carolina, che hanno una possibilità concreta – l’ultima – di votare compatti per frenare la corsa di un moderato del New England verso la nomination. La loro ultima spiaggia si chiama Newt Gingrich. In caso contrario, anche i più scettici tra gli elettori del GOP farebbero meglio ad abituarsi a Mitt Romney.