Gaza, il terzismo ipocrita dei media
È, senza forse, uno dei più grandi tumori del nostro tempo in Italia, ma anche in Europa e nell’intero Occidente: il conformismo e il politicamente corretto nel mondo dell’informazione mainstream. Un’informazione che sempre più disinforma perché relativizza, perché in nome di una ipocrita imparzialità calpesta l’obiettività, ha perso ogni riferimento valoriale nella lettura degli eventi, il cui susseguirsi viene riportato privo di nesso causa-effetto e di un contesto, in un flusso di notizie accompagnato da finte analisi e pervaso di un moralismo istantaneo e superficiale, dove prevale la preoccupazione di apparire equanimi e di uniformare la realtà ai propri rassicuranti tabù politicamente corretti.
Va bene, non esisteranno il bianco e il nero, ma almeno riportateci le diverse sfumature piuttosto che un unico tono di grigio. La copertura mediatica dell’ennesima crisi di Gaza è l’ennesima, lampante dimostrazione. L’incapacità di distinguere tra un’organizzazione ferocemente terrorista e barbara come Hamas, che opera non nell’interesse dei palestinesi, ma di uno stato terrorista come l’Iran, e uno stato democratico e civile come Israele, è una vergogna insopportabile, ripugnante. Se il governo israeliano decide di agire sulla spinta dei propri cittadini che in grande maggioranza chiedono un intervento militare per far cessare il lancio di missili sul loro territorio, allora è un bieco calcolo elettorale.
Pelo sullo stomaco nei confronti di Israele, però ci si beve la propaganda di Hamas come nemmeno la propaganda nazista negli anni ’30. Hamas spara centinaia di missili (1.500 in pochi giorni), e indiscriminatamente, sulle città israeliane, ma sotto processo mediatico finisce Israele per raid mirati contro obiettivi militari (depositi di armi o leader terroristi). Fa vittime civili? Sicuramente (anche se a dare i numeri, a decidere chi sono i civili e chi i militanti è la stessa Hamas e i media registrano senza verificare). Ma si dimenticano di dire che Hamas non difende minimamente la sua popolazione, anzi usa i civili come “scudi umani”, come strumento di propaganda politica: più vittime, più biasimo internazionale si può aizzare contro Israele.
Sotto accusa finisce Israele perché la sua reazione è “sproporzionata”: la contabilità dei morti a suo favore sottintende che in fondo i razzetti di Hamas sono poco più che fuochi d’artificio. Pazienza se le limitate vittime israeliane sono il risultato degli sforzi del loro governo di proteggere la popolazione, al contrario di Hamas che la usa come “scudo umano”. Ieri sera Hamas ha annunciato un accordo che di fatto non c’era, le trattative erano ancora in pieno svolgimento. Ma era strumentale ad alimentare le aspettative di una tregua imminente, così da far titolare i giornali, l’indomani, sull’accordo sfumato facendo ricadere la colpa su Israele.
I media ovviamente hanno abboccato in pieno, nonostante il fatto stesso che Hillary Clinton dovesse ancora giungere nella regione avrebbe dovuto far presagire che l’accordo era ancora lungi dall’essere raggiunto. Nonostante l’Iran non faccia mistero (anzi, lo rivendica ufficialmente) di aiutare militarmente sia il regime di Assad contro i ribelli, sia Hamas fornendogli missili di gittata sempre maggiore, che mi risulti nessuna delle assennate analisi apparse sui mainstream media si è azzardata ad interpretare quanto sta accadendo come un diversivo iraniano per alleggerire la pressione internazionale su Assad, impegnato in una durissima repressione interna. Ma non lo capite, stupidi, che non c’entrano più le rivendicazioni dei palestinesi, che la “questione palestinese” è morta e sepolta, e che Siria, Gaza, Assad, Hamas, tutto quanto sta accadendo, è parte di un’unica guerra regionale il cui attore, anzi burattinaio principale è l’Iran?
Ebbene, Hamas, che appartiene alla Fratellanza musulmana, lo stesso movimento che esprime il presidente egiziano Morsi, è a un bivio: deve scegliere se affidarsi alla mediazione dei suoi “fratelli” egiziani, se farsi “normalizzare” e moderare dall’Egitto, o se invece giurare fedeltà a Teheran, che gli fornisce i preziosi missili con i quali può ricattare Israele e proseguire la sua guerra. Egitto o Iran, insomma? Sotto esame è anche il nuovo Egitto in mano ai Fratelli musulmani: gli Stati Uniti, ma anche Israele, vogliono capire se è o no un attore di stabilità e se la sua “parentela” con Hamas è d’aiuto o un’ulteriore complicazione. E invece niente di tutto questo, sui media, siti internet e social network compresi, prosegue lo stucchevole rito – il “terzismo” – di politici e giornalisti tweetstar: condannare la guerra sporca e cattiva, che non serve a nessuno, e mettere sullo stesso piano Hamas e Israele (semmai facendo le pulci a quest’ultimo, colpevole di accanirsi su innocenti e indifesi palestinesi).
Facile starsene comodomente seduti davanti al pc in redazione o sul divano di casa e pontificare sull’inutilità della guerra. E’ una posa comoda e da persone perbene, che garantisce bella figura a buon mercato, esentati dalla fatica intellettuale e anche dalla responsabilità morale e professionale di distinguere tra aggressore e vittima, di distribuire torti e ragioni.
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