Il Napolitano che difende la libertà
C’è un Napolitano che ci piace molto. Che ci piace molto perché garantisce, tutela e difenda la libertà in modo schietto e tetragono, maschio e irriducibile, senza peli sulla lingua e con coraggio. Solo che sta dall’altra parte del mondo, vive negli Stati Uniti, ha 63 anni, è un ex giudice della Corte Superiore del New Jersey (da non confondere con la Corte Suprema) ed è autore tra gli altri del libro It Is Dangerous to Be Right When the Government Is Wrong: The Case for Personal Freedom” (Thomas Nelson, Nashville, Tennessee 2011), Traduzione: “È pericoloso avere ragione quando il governo ha torto: in difesa della libertà personale” (che bello, anche gli statunitensi, e pure di orientamento libertarian, stanno imparando a usare bene il termine “persona” al posto di “individuo”, ché nella loro tradizione anglosassone quello non è affatto una parolaccia epperò da noi veicola invece un vero e proprio turpiloquio giacobino). En passant, quel Napolitano americano è cattolico, si definisce “tradizionalista”, adora il pre-Vaticano II e la Messa in latino.
Il 10 gennaio il giudice Andrew P. Napolitano ha pubblicato sul quotidiano conservatore della capitale federale statunitense, The Washington Times, un pezzo esplosivo già dal titolo The Right to Shoot Tyrants, Not Deer, ovvero “Il diritto di sparare ai despoti, non ai cervi”. Puntuale, a ogni sparatoria, le anime belle statunitensi, poche ma vocianti, si stracciano le vesti invocando il bando della libera circolazione delle armi da fuoco; e lo stesso Barack Obama, che prima però non ci ha mai pensato, dopo gli ultimi episodi di sangue, ha imbronciato serioso il grugno e ha promesso limiti e divieti.
Ma tutti sanno benissimo che in un Paese dove il porto libero di armi è vietato le armi le hanno solo i criminali e lo Stato. Alcuni timidi difensori del diritto magari limitato alle armi sostengono che esse servono per la caccia per esempio, ma il giudice Napolitano non ci sta. Riporta la questione al suo vero nocciolo: le armi gli americani le comperano, le posseggono e le portano liberamente con sé perché servono, alla bisogna, per tutelare le cose più importanti che ci sono nella vita, quelle per esempio date all’uomo sovranamente da Dio.
Per difendersi, cioè, e per difendere, non solo per sport e per diletto. Ora, ragiona il giudice Napolitano, il «diritto delle persone a possedere e a trasportare armi è una estensione del diritto naturale all’autodifesa e un fondamento della sovranità personale». Per questo la Costituzione federale degli Stati Uniti protegge con una provvisione specifica quel diritto della persona da qualsiasi interferenza governativa e storicamente in quel Paese (prosegue Napolitano) tale provvisione è stata il pilastro della resistenza a qualsiasi forma di dispotismo. Eppure c’è chi pensa che il diritto sovrano dei cittadini rispettosi della legge debba essere ora negato per colpa dell’assurdo abuso che della libertà personale fa qualche folle.
«Quando Thomas Jefferson», argomenta il giudice, «scrisse nellaDichiarazione d’indipendenza che il Creatore ci ha donato determinati diritti inalienabili, nel momento stesso in cui esso nasceva egli sposò il Paese agli antichi princìpi del diritto naturale che hanno animato la tradizione giudeo-cristiana dell’Occidente»: ebbene sono proprio quei princìpi «che hanno tenuto a freno tutti quei governi che detti princìpi riconoscono quando enunciano il concetto stesso di diritti naturali». Ne consegue, scrive Napolitano, che se siamo creati a immagine e somiglianza di Dio Padre, allora siamo perfettamente liberi come Egli lo è. E che il diritto naturale insegna che le libertà umane sono prepolitiche, ovvero provengono dalla natura umana in quanto tale e non dai governi o dalle loro concessioni.
Dato che in origine la natura umana è divina, nessun governo, anche se con il favore della maggioranza politica, può dunque lecitamente negare i diritti che l’uomo possiede per natura. La natura umana è radicata nella libertà, e il governo è per definizione una limitazione di tale libertà. In casi numerosissimi esso è una limitazione coercitiva, negativa, violenta, arbitraria e tirannica. La storia degli Stati Uniti però testimonia un percorso diverso. La cessione di alcune prerogative al governo è da sempre volontaria. Il governo esiste per l’uomo, per volere dell’uomo, per libera volontà dell’uomo e per servire l’uomo. Un governo che negli Stati Uniti agisca in modo diverso e contrario è per definizione illegittimo e dispotico. Perché si ribella alla legge fondamentale del Paese che garantisce il rispetto di quella naturale inscritta nel cuore dell’uomo e di quella divina scritta nel Cielo.
Il fatto che gli americani girino da sempre liberamente armati è dovuto alla loro storia e alla loro origine, nati come Paese nuovo per garantire una libertà antica e inviolabile quanto lo è la natura dell’uomo. Cambiare in corso d’opera questa regola suona alle orecchie degli americani come una involuzione pericolosa, come un dietrofront inammissibile. La libertà dell’uomo, dice Napolitano, non viene dall’uomo, ma da Dio. E nessun uomo, quale ne è composto un governo, può sostituirsi a Dio. La questione della libera circolazione personale delle armi, per quanto si possa essere simpatetici con essa, è una questione molto americana.
Ma il ragionamento del giudice Napolitano che sta alla base della difesa a oltranza di quel diritto naturale, storico e costituzionale è universale, profondo e va ben al di là della pure importante vicenda delle armi. La libertà fa l’uomo simile a Dio: per questo il nostro mondo che odia Dio fa strame quotidiano delle libertà dell’uomo.