Tea Party e Big Brother
Prima delle elezioni presidenziali del 2012, gruppi conservatori e, in particolar modo, i movimento anti-statalista Tea Party, lamentavano di essere vittime di un abuso. Il persecutore che additavano era l’Irs, l’agenzia delle entrate statunitense. Essendo nel pieno della campagna elettorale ed essendo nati esplicitamente come gruppo contro il fisco esoso, i tea-partisti sono stati accusati di far propaganda. O di essere paranoici. La Commissione Finanze del Senato aveva condotto una prima indagine. L’Irs ha risposto, per iscritto, che non fosse in corso alcuna discriminazione politica.
Alcuni portavoce di Tea Party locali denunciavano il fatto che fossero loro mosse richieste assurde, insolite per queste procedure: fornire liste dei loro donatori e volontari, fornire statuti, dichiarazioni ed elenchi di attività, liste dei rappresentanti politici locali e nazionali a cui si erano rivolti. Insomma: un controllo poliziesco, da regime. Ma, per le autorità, non c’era alcun abuso in corso: era solo “paranoia” anti-Stato.
E invece era tutto vero. Il Tea Party e qualsiasi gruppo che avesse il nome “patriota” (come i Tea Party Patriots, principale gruppo interno al movimento) entrava in un database speciale: di fatto, l’agenzia delle entrate americana lo inseriva in un binario morto, ignorando o rimandando alle calende greche domande di esenzioni fiscali di cui avevano diritto, in base alla legislazione fiscale americana.
L’ispezione all’Irs, condotta dall’Ispettorato Generale del Tesoro per l’amministrazione fiscale (Tigta è l’acronimo americano) ha rivelato l’esistenza della discriminazione nei confronti dei tea-partisti e di altri gruppi legati alla galassia conservatrice. Di fatto, i funzionari della burocrazia fiscale usavano la loro posizione privilegiata per fare politica. A favore del presidente Barack Obama. Solo per i tea-partisti le richieste per esenzioni fiscali venivano ritardate fino a 18 mesi. Su un totale di 296 richieste, 108 sono state approvate, 28 sono state ritirate dai richiedenti, 160 sono ancora in attesa di risposta. Solo ai tea-partisti e gruppi conservatori affini, il fisco riservava il privilegio di chiedere loro “informazioni non necessarie” (stando alla definizione data dal Tigta), come le liste degli “ex donatori” e persino dei “futuri donatori”.
«Questo che si sta materializzando è un Grande Fratello, una caccia alle streghe che impedisce agli americani di esercitare il loro diritto di libertà i espressione», commentano, in una lettera aperta, i governatori repubblicani Scott Walker (Wisconsin) e Bobby Jindal (Louisiana). È infuriato anche il deputato Darrell Issa (già impegnato nell’inchiesta sullo scandalo dell’ambasciatore ucciso a Bengasi): «Questo è un modo di sparare sui nemici politici del presidente, per poi negarlo, durante l’anno delle elezioni, e ammetterlo solo a elezioni finite». Il presidente Barack Obama, logicamente imbarazzato da uno scandalo che gli sta scoppiando fra le mani, ha reagito, da subito, con durezza.
«Nessuno vuole – ha dichiarato – che l’Irs sia visto come un ente fazioso, che sia visto come un ente non neutrale. Io credo che la gente sia giustamente preoccupata. Non ho intenzione di sopportare una cosa del genere, non la tollererò e mi assicurerò di scoprire esattamente quello che è successo». Eric Holder, procuratore generale, ha ordinato un’ispezione dell’Fbi, per accertare se siano stati commessi reati da parte dei funzionari. L’Fbi, forse, potrà scoprire qualcosa di più di un’inchiesta parlamentare. Perché, per ora, al Congresso non era stato rivelato nulla. Il senatore Orrin Hatch, della Commissione Finanze del Senato, dichiara di essere stato depistato dal commissario Steven Miller, dell’Irs, nel 2012. «Sono stati commessi errori – gli aveva risposto Miller, per iscritto – ma non sono dovuti in alcun modo a motivi politici o di partito. Noi siamo e continueremo ad essere dediti, in modo imparziale, all’esame di tutte le richieste di esenzioni fiscali che ci giungono». Vai a fidarti…
Cleta Mitchell, una delle avvocatesse più quotate in ambiente politico, dubita che l’abuso dell’Irs fosse ignoto all’amministrazione Obama. Dubita, insomma, che l’agenzia delle entrate abbia fatto un regalo gratuito al presidente democratico per favorire la sua rielezione. Intervistata da NewsMax, dichiara che un funzionario dell’Irs le abbia detto espressamente che le pratiche, inoltrate da suoi clienti conservatori, fossero in fase di riesame direttamente a Washington. Gli ordini arrivavano dal centro, un centro molto vicino all’amministrazione. L’avvocatessa riferisce che l’Irs agisse in modo chirurgico, colpendo solo ed esclusivamente chi si opponeva a Obama, nel momento in cui si opponeva.
Altri due suoi clienti sono stati sommersi da «un’incredibile montagna di richieste di informazioni, da uno scrutinio attentissimo dei loro documenti» nel momento in cui hanno partecipato ad attività di lobbying contro la riforma della sanità di Obama. Una sua cliente ha iniziato a subire controlli a tappeto anche sulla sua attività professionale, sulle tasse che pagava ed è stata ispezionata da tre differenti agenzie governative. Gruppi di cui la Mitchell è a conoscenza, hanno anche subito la “visita” a sorpresa dell’Fbi, dopo aver inoltrato la domanda di esenzione all’Irs. Insomma, un Grande Fratello. E Barack Obama non ne sapeva niente?