La lunga notte di Ted Cruz
Un’intera notte a volte non basta. Il senatore conservatore del Texas, Ted Cruz, calzate scarpe da tennis nere per stare comodo, resta in piedi sul pavimento del Senato per 18 ore. Parla, racconta della rivoluzione americana, legge i tweet dei suoi follower che lo ringraziano per quanto sta facendo e le favole che di solito recita alla sua bambina tra cui ” Green Eggs and Ham” di Dr. Seuss.
Si batte contro la riforma sanitaria del presidente Obama, quell’Affordable Care Act ribattezzata comunemente Obamacare, e per l’ampia fetta di popolo americano che quella legge proprio non la digerisce. Gli amanti dei tecnicismi diranno che non si tratta propriamente di filibustering, di ostruzionismo. I regolamenti della camera alta sono chiari e nessuna delle votazioni viene ritardata. Ma resta il segnale forte di un’America che punta i piedi contro una degenerazione che condurrà il paese verso altra disoccupazione e nuove tasse.
L’obiettivo è sensibilizzare l’opinione pubblica e convincere più senatori possibili a non finanziare la legge. Un’iniziativa sacrosanta la prima, una missione kamikaze la seconda che potrebbe però rivelarsi vincente in termini di coraggio e capacità di leadership in prospettiva delle presidenziali del 2016. Lo scrive David Frum sul The Daily Beast. Diversi senatori repubblicani tra cui Mike Lee dello Utah, Rand Paul del Kentuty e Marco Rubio della Florida sostengono Cruz durante la seduta. Intorno alle tre e mezza di questa mattina, ora locale, batte il record per il discorso più lungo di quest’anno. Un primato precedentemente detenuto da Paul, quando lo scorso marzo si oppose alla nomina di John Brennan a direttore della CIA per 12 ore e 52 minuti.
Cruz non è un operatore sanitario, non è un esperto. Probabilmente non può spiegare come le novità che introdurrà l’Obamacare graveranno sulle spalle dei cittadini statunitensi, né come l’intero pacchetto delle riforme alzerà i costi sanitari limitandone l’accesso. O semplicemente non lo fa. Il Senatore spiega che il provvedimento è impopolare, che gli americani non lo vogliono e che tutto questo al Congresso non importa minimamente. (Un sondaggio Washington Post/ABC della scorsa settimana ha rivelato che il 52 per cento degli americani si è opposto alla legge, mentre solo il 42 per cento si è espresso a favore).
Per Cruz, la riforma sanitaria è soprattutto il simbolo di una politica distante dagli elettori. La sua lotta si riassume nella volontà di portare al Congresso il diretto desiderio del popolo, lontano dai salotti e dai cocktail della capitale. “Dobbiamo fare in modo che Washington ci ascolti”, afferma Cruz nella prima ora del suo discorso. Il suo staff intanto plasma l’hashtag #MakeDClisten. E questo sforzo è esattamente ciò che ha fatto infuriare i suoi colleghi repubblicani. Nelle ultime settimane, Cruz li ha scavalcati, andando oltre le loro teste e le linee prestabilite dal partito. Per vendetta o debolezza questi lo hanno lasciato solo e deriso come si fa con un traditore. Non lo hanno preso sul serio quando, come don Chisciotte contro i mulini a vento, ha lanciato un sito internet, insieme al senatore Mike Lee, raccogliendo le firme per non permettere al Senato di finanziare l’Obamacare, pur non avendo matematicamente i numeri necessari per farlo.
Il leader della maggioranza al Senato Harry Reid, democratico del Nevada, lo accusa di essere un anarchico. I Senatori repubblicani fanno sapere che il defunding dell’Obamacare semplicemente non ci sarà. È impraticabile con un presidente democratico e con i democratici che controllano il Senato. Mc Caine, ex candidato repubblicano alla presidenza, dichiara: “Sarà una giornata fredda a Gila Bend, in Arizona. Una giornata molto fredda. In realtà, ci si può aspettare una tempesta di neve. Lo so come finisce questo film. Non conosco tutte le scene prima della fine, ma so come va a finire. Noi non “definanziaremo” la legge sanitaria”.
Mike Needham, presidente della Heritage Action, confronta i recenti cambiamenti nelle dinamiche politiche con i cambiamenti nel campo musicale con la nascita di Internet e di Napster. Internet ha democratizzato la distribuzione di musica e l’oligopolio delle grandi etichette è crollato. Scrive Dylan Byers su Politico che Cruz è uno zimbello anche agli occhi di molti giornalisti e che si può capire il perché i media mainstream non abbiano dato risalto alla notizia. Se ci fosse stato al suo posto un democratico tutto sarebbe andato diversamente. Quando la texana Wendy Davis fece ostruzionismo contro le restrizioni sull’aborto venne considerata da tutti un’eroina. Le scarpe da tennis di Ted Cruz, al confronto, sarebbero diventate una reliquia sacra se solo non fosse stato conservatore. Su questo punto il giornalista John Phodhoretz pubblica su Twitter: “Accidenti, mi chiedo perché il New York Times, il Washington Post e tutti gli altri abbiano dato una copertura mediatica eccellente a Wendy Davis, ma non a Ted Cruz. Non ha senso!”.
Il perché lo spiega il senatore Cruz durante la sua maratona: “I will say standing here after 14 hours, standing on your feet, there’s sometimes some pain, sometimes some fatigue that is involved. But you know what? There’s far more pain involved in rolling over, far more pain in hiding in the shadows, far more pain in not standing for principle, not standing for the good, not standing for integrity”. (“Qui in piedi dopo 14 ore, si avverte un po’ di dolore, a volte un po’ di stanchezza. Ma sai cosa? C’è molto più dolore nell’arrendersi, molto più dolore nel nascondersi nelle ombre, molto più dolore nel non battersi per ciò in cui si crede, nel non lottare per il bene, nel non lottare per l’integrità”).