Family Matters

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“Blah Blah Blah” è l’unica dichiarazione ufficiale che Jeb Bush ha voluto rilasciare sullo stato (difficile tendente al peggio) della sua campagna elettorale. Solo chiacchiere, quindi, quelle che lo vedrebbero ormai con un piede e mezzo fuori dalla corsa per la Casa Bianca [link] e indeciso su chi sostenere nella speranza, forse vana, di essere in grado di trattare un posto al sole nel prossimo gabinetto repubblicano.

Mentre scriviamo, a Houston si sta concludendo un meeting riservato tra i top donors della campagna di Jeb. All’incontro partecipano sia George H. che George W. Bush: il segnale da trasmettere ai sostenitori e finanziatori della campagna elettorale del terzo Bush in corsa per la Casa Bianca è che la famiglia c’è. E se c’è la famiglia che ha modellato attorno a sé l’establishment del Partito Repubblicano, il sostegno non può mancare, non adesso. Alla fine Jeb è tornato lì ed è ripartito dal suo cognome e da tutto quello che può evocare, nel bene e nel male.

Benché riservato, l’happening fa filtrare indiscrezioni e retroscena. C’è chi continua a professare ottimismo spiegando con dovizia di particolari che si tratta di aggiustare il tiro di questa campagna e tutto andrà al suo posto [link] , chi invece sembra essere un pochino più disilluso [link]. La verità la scrive Howard Kurtz [link]: Jeb non ha (per ora) un problema di soldi e non ha tanto meno un problema circoscrivibile alla sola organizzazione. Jeb ha un problema serio di messaggio. Che non c’è e se c’è non è allineato con il sentiment della base repubblicana.

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