E adesso che succede? Ott05

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E adesso che succede?

Di October Surprises, sin qui, ne avevamo viste diverse. Piccoli o grandi, abbiamo sempre attribuito a questi eventi la capacità di influenzare gli ultimi scampoli di campagna elettorale. Molto spesso ben oltre la loro reale portata. Non avremmo mai immaginato, però, di poterci trovare di fronte ad un fatto di impatto così forte da poter togliere uno dei due contendenti dal campo di gioco.

La positività di Donald Trump al Coronavirus rende ancor più imprevedibile una corsa che ha proprio in The Donald l’elemento di imprevedibilità per antonomasia. A leggere i sondaggi non ci dovrebbe essere partita: Biden è avanti, stabilmente, da gennaio nei sondaggi nazionali con margini che stanno oltre il margine di errore e, da qualche settimana, anche oltre il margine che gli esperti riconoscono essere il livello-soglia per garantirsi la vittoria. I sondaggi statali, per definizione, sono più eterogenei ma riconoscono un vantaggio di mappa invidiabile per il candidato democratico. Ad oggi, ci sono in ballo soltanto stati che Trump aveva vinto, in alcuni casi con margini generosi, nel 2016 e la campagna repubblicana sembra essere giocata totalmente in difesa. Tutto questo, però, vale se i sondaggi ci stanno prendendo e se stanno leggendo con attenzione i movimenti più profondi del consenso del popolo americano.

Il game changer rappresentato da Donald Trump, un presidente uscente, in ospedale a un mese dal voto è potentissimo. Che succederà? Precedenti non ce ne sono, come si diceva, e serve a poco anche appigliarsi agli altri malati illustri di questi mesi. Il Covid-19 ha colpito recentemente il presidente brasiliano Bolsonaro e il premier inglese Johnson. L’andamento dei tassi di apprezzamento di quest’ultimo ci fanno dire che – come ha notato YouGov qualche giorno fa – non ci sono stati benefici sensibili alla sua popolarità in forza della malattia. La stessa cosa si può dire dei tre governatori americani recentemente contagiati. Sia per Kevin Stitt (Oklahoma) che per Mike Parson (Missouri) che per Ralph Northam (Virginia) non ci sono evidenze che provino un miglioramento del loro appeal nei confronti dell’elettorato. Però, ed è un però grande come una casa, nessuno di loro era nel bel mezzo di una campagna elettorale.

Ciò che sembra invece sicuro è che se il tema del Coronavirus, e la gestione dell’emergenza conseguente, dovesse tornare centrale in quest’ultimo mese, il rischio è di vedere un Trump ulteriormente in difficoltà. Gli americani non hanno particolarmente apprezzato la condotta della sua amministrazione in questo frangente così delicato e l’elettorato repubblicano non considera la pandemia un argomento particolarmente mobilitante. Il rischio è, quindi, che Trump si trovi a passare gli ultimi trenta giorni debilitato e costretto a rincorrere un’agenda che non incendia la sua base e che non è, per lui, nemmeno così vantaggiosa.

C’è poi il tema dei dibattiti: ad oggi è davvero difficile capire cosa potrà succedere. Se Trump stesse bene, anche in caso di positività, si potrebbe immaginare un confronto a distanza, che certamente limiterebbe le intemperanze del presidente in carica e renderebbe più facile per Biden vestire i panni del candidato rassicurante e pronto a unire il paese.

 

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