Hunter Biden
Ieri è stato il gran giorno di Hunter Biden. Voi direte: Hunter è il nome, Biden è il cognome. No: il nome è Robert, mentre Hunter è il cognome della mamma (Neilia Hunter, prima moglie di Joe). Il nome completo è Robert Hunter Biden ma tutti hanno iniziato a chiamarlo solo “Hunter Biden” e così è passato agli annali, senza Robert. Only in America.
Leggendo alcune mail pubblicate in esclusiva dal New York Post, appare chiaro come Robert Hunter Biden abbia presentato a suo padre un importante dirigente di Burisma, la società cipriota con interessi in Ucraina e per cui Hunter Biden ricopriva il ruolo di consigliere di amministrazione. Non sarebbe un grosso problema se non fosse che il candidato democratico ha sempre negato con forza di aver parlato con il figlio dei suoi affari all’estero. E’ una piccola October Surprise, con effetto ridotto, un po’ perché in molti hanno già votato, un po’ perché la storia non è proprio nuovissima.
La cosa interessante, invece, è che Twitter ha impedito a molti utenti di condividere il pezzo del New York Post perché “in aperta violazione delle norme della piattaforma”. Norme che prevedrebbero il divieto di pubblicare materiale confidenziale, indirizzi mail personali e tutto quanto ottenuto con attività di “hacking”. Il dubbio, legittimo, è: a parti invertite come si sarebbe comportato Jack Dorsey?
La questione riapre il tema di una regolamentazione pubblica di queste piattaforme. In passato Facebook (soprattutto) e Twitter hanno concesso ai trumpiani americani e nostrani di pubblicare qualsiasi cosa, anche palesemente falsa e anche in grado di condizionare in modo improprio lo svolgimento delle elezioni. Al tempo i democratici si sono battuti per censurare il comportamento di queste piattaforme, mentre oggi tocca ai trumpiani fare lo stesso. Hanno torto entrambi, perché mettono la tutela dei propri interessi davanti ad una questione di principio e perché si accorgono solo ora di quanto pervasivo sia diventato il ruolo di questi soggetti. Che si comportano come degli stati, intaccano diritti costituzionali, sono dei monopoli di fatto e quindi vanno trattati come tali: come stati (talvolta ostili) e come monopoli (palesi o occulti) in altri. In ogni caso bisogna occuparsene in fretta.
Rispetto a 10 anni fa, vi siete anche voi spostati a sinistra!
Personalmente, ai vostri lettori consiglio di immergersi nel tanto di buono che c’è negli USA e su YouTube. Lì la cultura conservatrice è davvero forte e qui battaglie come quelle contro l’aborto ce le sogniamo, tanto per fare un esempio.
Comunque, ecco il mio breve elenco di consigli. Trovate tutto su YouTube, al netto delle censure e shadowbanning. DailyWire (e tutti i loro podcast, specialmente Matt Walsh), PragerU, Rubin Report, Steven Crowder, Mr Reagan, Gad Saad, Jordan Peterson, Tim Pool, The Blaze Network, RedEaglePolitics per i sondaggi.
Poi come riviste e giornali Quillette, TheFederalist, Manhattan Contrarian, American Greatness, Issues Insights, City Journal, Babylon Bee, Legal Insurrection e soprattutto l’utilissima rassegna quotidiana di AceOfSpadesHQ (ace.mu.nu)
Se mai avrete voglia e soldi, anche solo tradurre e promuovere queste cose potrebbe fare davvero la differenza. So che è utopia però…