USA 2020. PREVISIONE FINALE Nov01

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USA 2020. PREVISIONE FINALE

Mettiamo subito le cose in chiaro. Questo è uno scenario estremamente favorevole per Trump e presuppone una serie di ipotesi non dimostrabili (se non dopo il voto). 1) Che i sondaggi (soprattutto quelli “statali”) siano strutturalmente deviati a favore del candidato democratico. La motivazione cercatela voi. Bias? Shy Trump voters? TDS (Trump Derangement Syndrome) galoppante? Una combinazione di tutti questi fattori? C’è solo l’imbarazzo della scelta. 2) Che Biden sia in grado di ricostruire, almeno parzialmente, il “blue wall” del Midwest. 3) Che la performance di Trump con i latinos (Florida) e con gli afroamericani (North Carolina) sia migliore rispetto a quella del 2016. 4) Che un certo numero di voti postali non venga conteggiato. Non necessariamente per malizia, ma per l’intrinseca scarsa affidabilità del metodo. 5) Che le tattiche di “soppressione del voto” del GOP e quelle di “facciamo votare anche i morti” dei Dem, in ultima analisi si annullino a vicenda. 6) Che le tanto sospirate “onde” blu e rossa, in un paese estremamente polarizzato come gli Stati Uniti, siano in realtà un’illusione mediatica.

Se crollano questi assiomi – e soprattutto il punto 1 sui sondaggi – la vittoria di Biden è matematicamente quasi certa. E la mappa finale potrebbe somigliare molto a questa. In questo caso, sarebbe il caso di cominciare immediatamente a pensare al futuro del Partito Repubblicano e del movimento conservatore in genere. Cosa che, per la verità, andrebbe fatta anche in caso di inaspettata vittoria di Trump.

Qualche riflessione in ordine sparso sui singoli stati. I Democratici si stanno spendendo molto in Florida, Texas, Arizona e Georgia. Ma potrebbero essere vittima un miraggio simile a quello intravisto in molti cicli elettorali, a parti invertite, dai Repubblicani in New Jersey o Pennsylvania (con la straordinaria eccezione di quest’ultimo stato nel 2016). A mio avviso in Florida le comunità di esuli cubani e venezuelani voteranno in massa per Trump, annullando il vantaggio democratico con i portoricani. Lo stato resta un “toss-up” naturale per la sua composizione demografica, ma il GOP è in leggerissimo vantaggio. E i primi numeri sull’early voting – seppure da prendere con le pinze – sono meno favorevoli ai Dem di quanto abbia previsto la stragrande maggioranza degli analisti. Per quanto riguarda la North Carolina, la media RCP vede Biden in vantaggio di 2 punti. Il 31 ottobre del 2016 la stessa media vedeva avanti la Clinton di 3 punti abbondanti. Alla fine vinse Trump con 3 punti e mezzo di margine. The Donald potrebbe farcela anche questa volta, magari con un distacco inferiore. Se invece in North Carolina prevalesse Biden, la partita sarebbe virtualmente chiusa. In Arizona, Texas e Georgia, infine, si giocherà tutto a Suburbia. Si fa un gran parlare delle “suburban moms” che si sarebbero ribellate a Trump, ma la mia sensazione è che le scorazzate di BLM e Antifa in giro per il paese, con la copertura implicita del Partito democratico, abbiano livellato il terreno dello scontro. E in questo caso il vantaggio – strutturale – sarebbe tutto del GOP. In ogni caso, come per la North Carolina, una vittoria qualsiasi di Biden nella Bible Belt sarebbe un segnale esplicito di una vittoria a valanga dei Democratici.

Due stati che potrebbero rappresentare una sorpresa positiva per Trump sono Nevada e Minnesota. In Nevada, la pandemia potrebbe paradossalmente portare acqua al mulino del GOP, vista la dipendenza dal turismo dell’economia del Silver State. In Minnesota dipende tutto dalla reazione della popolazione alle devastazioni BLM e Antifa. In entrambi i casi, continuo a vedere Biden leggermente favorito, ma non mi sorprenderei troppo in caso di ribaltoni elettorali.

Non mi sorprenderei troppo neanche se Trump riuscisse a confermare il risultato del 2016 in Wisconsin e Michigan. Ma parto dal presupposto che i Democratici abbiano imparato qualcosa dai grossolani errori del 2016 e quest’anno abbiano preso contromisure efficaci. Anche in questo caso: vantaggio Biden.

Come è facile intuire, resta soltanto la Pennsylvania, che in questo scenario (estremamente favorevole a Trump, lo ripetiamo), sarebbe un “must win” per entrambe le campagne. Biden, in teoria, potrebbe vincere anche senza il Keystone State, trovando grandi elettori – per esempio – in Arizona o Georgia (ci sono grandi aspettative Dem anche per l’Iowa, ma questo sondaggio potrebbe aver messo fine a ogni speranza). Per Trump, invece, a meno di risultati anomali nel Midwest che ad oggi sono difficili da ipotizzare, la Pennsylvania è uno stato da vincere ad ogni costo. Nella media RCP, Biden è davanti di 4 punti. Nel 2016, il 31 ottobre, la Clinton era in vantaggio di 6 (ridotti poi a 2 il giorno prima del voto). Per ora (e non solo in Pennsylvania) non ci sono state oscillazioni nei sondaggi paragonabili a quelle del 2016. Ma lo stato resta, a mio avviso, estremamente competitivo. E non è un caso che Trump, soltanto ieri, sia stato presente in 4 rally con una grande partecipazione di pubblico. Il vantaggio resta, razionalmente, dalla parte di Biden. Ma potrebbe essere una sfida molto più incerta di quella che i mainstream media ci hanno descritto finora.

Adesso, la parola spetta al popolo americano. A noi resta soltanto la speranza.

 

 

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