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Il giorno più nero per Gordon
Per la prima volta in 22 anni i Laburisti finiscono dietro ai Liberaldemocratici in un sondaggio sulle intenzioni di voto degli inglesi. Gordon Brown vive in queste ore delle giornate che definire difficili è un eufemiso troppo forte anche per la compassata stampa parlamentare britannica. Tutti glielo stavano dicendo da giorni. Hanno provato a spiegargli che così avanti non si poteva proprio andare, che occorreva una sterzata, un’inversione di rotta, financo un gesto scriteriato. Ma lui niente. Gordon Brown è fatto così: metodico, regolare, mai un guizzo, mai un gesto fuori dagli schemi. La vita politica gli scivola addosso e lui rimane convinto che in qualche modo, da qualche parte, una soluzione si troverà. Così mentre David Cameron si divincola come un tarantolato per dimostrare al mondo intero che i suoi Conservatori usciranno puliti dallo scandalo rimborsi, Gordon tace, governa, prosegue nella sua lenta via crucis verso le elezioni europee. E i sondaggi continuano a dirgli, prima sussurandolo poi gridandolo con l’onta del terzo posto dietro David Cameron e Nick Clegg, che avanti di questo passo Gordon Brown rischia di annientare per lunghissimo tempo il Partito Laburista più famoso del mondo. Ormai il piano inclinato è chiaro: se non ci saranno grossi scandali da qui alle europee, Gordon Brown porterà il suo partito a non essere, per la prima volta nella storia, una delle prime due forze in campo. Ogni scelta fatta dopo il sondaggio di oggi apparirebbe agli elettori come l’amissione postuma della madre di tutti gli errori: quello di aver creduto che da questa crisi di identità e di proposte il Labour Party sarebbe uscito semplicemente mettendo un grigio tecnocrate a capo del governo di Sua Maestà. Non è andata così e il primo ad aver sbagliato i conti è stato Gordon Brown. Tony Blair, cinico e spietato come sempre, è sceso dal Titanic un secondo prima che arrivasse l’iceberg.