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Cosa non fare sul web: unirsi al coro

Non servivano potentissimi occhiali per vedere come, nei giorni scorsi, Tocqueville sia stata animata da un dibattito vero sul futuro del Popolo della Libertà. Chi entusiasta della svolta berlusconiana, chi scettico sui modi, chi sui tempi, chi stregato da Gianfranco Fini. Chi convinto che stiamo parlando solo di un gigantesco maquillage partitico. Non servivano potentissimi occhiali, dicevamo. Bastava non avere gli occhi ricoperti da strati corposi di ideologia, demagogia un tanto al chilo e un pizzico, sottile, di invidia. Sarebbe bastato, per avere un quadro chiaro della situazione, guardare l’home page e notare come le posizioni rappresentate fossero le più diverse. Ma a voler essere maligni, pensando che la “selezione” della redazione puntasse a far trasparire un equilibrio che non c’era, uno avrebbe potuto leggersi l’intera sezione “Politica” e, subito, avrebbe capito tutto. Però capita che uno non c’ha voglia, è stanco, ha di meglio da fare. Ed è del tutto lecito non approfondire, non guardare oltre, non cercare nemmeno di vincere i propri pregiudizi. Ognuno delle sue opinioni e del suo tempo fa quello che vuole. Quando poi,però, scrive articoli come questo, deve aspettarsi che chi lo riteneva credibile e intelligente nonostante le posizioni spesso diverse, oggi cambi idea e si renda conto che ha davanti solo qualcuno, l’ennesimo, che cerca di piegare la realtà alle sue convinzioni. Non è un comportamento da giornalista serio e nemmeno da blogger di spessore quale Mario Adinolfi è. Si tratta,piuttosto, di un comportamento molto diffuso nel giornalismo nostrano e Adinolfi si è unito a un coro, questo sì, decisamente stonato.

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