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Do the right thing. Presidente,forza.

Larry Brown è un ebreo nato a Brooklin, New York. Il suo mestiere è fare l’allenatore di basket. E il giramondo. Non riesce a stare per due stagioni di fila nella stessa squadra senza che gli vengano le convulsioni. Larry Brown è famoso, nel mondo del basket americano, per una frase: “Play in the right way”. Gioca nel modo giusto, niente di più, niente di meno. A modo suo è un personaggio. Intrigante quanto irritante, affascinante quanto scostante. Ma sa quello che fa, sa quello che vuole ed ha una grandissima convinzione nei proprio mezzi. Giocare nel modo giusto per Larry siginifica fare la cosa giusta. Non la cosa più facile o quella più utile. Ma semplicemente quella giusta. La cosa giusta per Brown è quella che si avvicina maggiormente al suo modo di vedere il basket. Quando dai una squadra in mano a Brown,sai come giocherà. E sai che lo farà convinta di farlo. Silvio Berlusconi è un brianzolo e di mestiere fa il presidente del Consiglio. Ma è essenzialmente un imprenditore. Se affidi a lui il paese ti aspetti che faccia “la cosa giusta”. Ossia si comporti da imprenditore. E un imprenditore è,per definizione, quanto di più lontano esiste dalla prassi istituzionale. Chi gestisce un’azienda è un innovatore per natura, uno che cerca di arrivare sempre prima degli altri, di rendere tutto migliore, sfidando il mercato e guardando oltre il dato sensibile del momento. L’imprenditore coglie la tendenza e la soddisfa. Ma coglie la tendenza prima che sia esplicita. Se ne accorge un attimo prima che esca in superficie. Altrimenti non è un innovatore, è un replicante. Berlusconi sta commettendo un errore grave: valutare tutto attraverso i sondaggi. Così, da Libero, scopriamo che sarebbe “deluso” dal mancato aggancio al centro-sinistra dopo le sue performances televisive. Scopriamo che Forza Italia guadagna molto meno di quanto lu si aspettasse e che, in fondo in fondo, crede di aver sbagliato strategia. No. Berlusconi ha fatto quello che doveva fare. Uscire dal limbo istituzionale e ributtarsi sul mercato. Cercare di parlare alla gente prima che agli alleati, riprendere in mano in prima persona la “comunicazione” che si era interrotta con gli elettori. Ma non deve pensare, o sperare, di guadagnare voti in quattro giorni di apparizioni. La tendenza è qualcosa di diverso, va colta col tempo. E la tendenza ci dice che il Centro-Sinistra non guadagna voti, rimane fermo ai dati “vecchi”, che già conoscevamo. Ciò siginifica che grosse migrazioni non ci sono state e che il problema resta uno solo: convincere la base a tornare a votare. E la base la si convince mostrandosi orgogliosi, combattivi,volitivi. Mostrandosi quelli di sempre, quelli che vinsero nel 1994 e stravinsero nel 2001. Quelli che ebbero il coraggio di sfidare la “gioiosa macchina da guerra” e di navigare attorno all’Italia al ritmo di cinque comizi al giorno. Ci serve la verve ritrovata del Berlusconi ultrattivo, quello che dice “ghe pensi mi”, quello che ricorda cos’è la sinistra per davvero. Ci serve il Berlusconi imprenditore che sfidò al Rai e il monopolio dell’informazione, il Berlusconi che si esalta vicino a Tremonti, non quello che si istituzionalizza vicino a Ciampi. Ci serve il Berlusconi come piace a noi, quello dell’elogio della pazzia, quello che ha saputo stupirci in questi dieci anni di battaglie. Presidente, forza!

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