Tecnicamente, una marchetta
Un’altra brutta, ignobile pagina di politica estera (dopo l’incredibile vicenda dei due marò, da ben 288 giorni prigionieri e sotto processo in India, con il nostro governo incapace di muovere un dito!) è quella che ci regalano il presidente Napolitano, il premier Monti, e il ministro degli esteri Terzi schierando l’Italia a favore della risoluzione che riconosce alla Palestina, o meglio all’Anp, lo status di «stato non membro osservatore permanente» all’Onu.
Una posizione che lungi dal favorire il processo di pace, lo indebolisce, aumentando le tensioni diplomatiche e ponendo le premesse per ulteriori rivendicazioni che alimenteranno gli estremismi. Questo voto, infatti, rappresenta – e così lo presenteranno i palestinesi e i paesi arabi – una “validazione” de facto da parte della comunità internazionale dei confini pre-1967. Riconoscendo all’Anp lo status di “Stato”, seppure non membro, l’Onu ne riconosce implicitamente il territorio, quindi i confini, su iniziativa unilaterale dei palestinesi. Il che rende praticamente carta straccia gli accordi di Oslo (quelli che Hamas disconosce e che il nuovo Egitto dei Fratelli musulmani non vede l’ora di poter disconoscere), secondo cui uno Stato di Palestina sarebbe dovuto nascere a seguito di negoziati bilaterali.
Attenzione, questo è un punto fondamentale: perché il territorio, i confini, la statualità, sono le uniche merci di scambio che Israele può offrire in cambio di pace, della fine delle minacce alla sua esistenza. Se la questione dello Stato palestinese e del suo territorio viene risolta prima, o quanto meno “pregiudicata”, al di fuori di un negoziato bilaterale, si toglie a Israele l’unica arma negoziale per ottenere la pace. Ecco perché si tratta di un voto profondamente anti-israeliano e chi ai vertici delle nostre istituzioni non lo capisce è o incompetente o in malafede.
Inoltre, un governo che volesse rilanciare il processo di pace non premierebbe con un tale riconoscimento i palestinesi, che per quattro anni si sono rifiutati di riaprire i negoziati con Israele. Per non parlare, poi, delle iniziative che potrebbe avviare l’Anp presso l’Onu grazie al nuovo status, tanto che lo stesso governo Monti ha chiesto ad Abbas di «astenersi dall’utilizzare l’odierno voto dell’Assemblea generale per ottenere l’accesso ad altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite, per adire la Corte penale internazionale o per farne un uso retroattivo». Raccomandazione indicativa di come i palestinesi tenteranno di strumentalizzare il voto di oggi.
«Siamo molto delusi dalla decisione dell’Italia», è stata la reazione dell’ambasciata israeliana a Roma. Nel comunicato del governo naturalmente si spiega la decisione con la volontà di «rilanciare il processo di pace», la soluzione “due stati per due popoli”, ma la geografia del voto rivela le motivazioni reali. L’Italia ha votato sì insieme agli altri paesi europei del Mediterraneo, mentre contro si sono schierati Usa, Canada, Gran Bretagna e Germania. E’ evidente, quindi, che il vero scopo è accattivarsi le simpatie dei paesi arabi, vicini dell’altra sponda del Mediterraneo, contro il diritto di Israele all’autodifesa, contro la pace, la giustizia e i diritti umani degli stessi palestinesi e degli altri cittadini del mondo arabo.
Non meno grave, dal punto di vista istituzionale, che un governo tecnico, nato per far fronte ad un’emergenza finanziaria, ribalti la politica mediorientale italiana senza il pronunciamento del Parlamento che l’ha espressa non dieci anni fa, ma in questa stessa legislatura.