NBA, Where Idiocy Happens
Una teoria come tante sulla vicenda delle registrazioni telefoniche a sfondo razzista di Donald Sterling e su quello che sta accadendo e (temo) accadrà ai LA Clippers.
Quello che fu definito “uno dei peggiori proprietari di una franchigia di pallacanestro”, il padre delle scelte scellerate ai draft (Oh Candy, Candyman), dei contratti sconsiderati a delle mezze cartucce (Cuttino, Where Art Thou?) salvo poi mostrare il braccino corto di fronte alle proprie stelle, degli scambi giustificabili solo da un’abitudine ad amoreggiare con un’eccessiva quantità di bottiglie di vodka, è uomo che in tutto questo tempo ha sguazzato alla grande nella sua aurea mediocritas, nel suo essere un perdente (di successo, of course), oltre che in vasche stracolme di bigliettoni verdi e nella fama di razzista conclamato ma pur sempre uno dei più ricchi affaristi della California.
Purtroppo per lui, dopo quasi trent’anni di quest’idillio, è arrivato qualcuno a rovinargli i piani e la sua gloriosa carriera di owner. Grazie alla “magata” di David Stern che portò CP3 dalla parte “sbagliata” di LA, grazie alla crescita esponenziale di Blake Griffin, grazie all’arrivo sul pino di uno che mangia leadership a colazione, pranzo e cena (Doc), grazie ad altre scelte azzeccate, piccole o grandi botte di cu… di fortuna (o di sfortuna, se la si vede dal punto di vista di Donald), i LA Clippers si sono trasformati in una seria contender per il titolo Nba.
Con i Pacers che hanno imboccato un piano inclinato che le pendenze dell’Alpe d’Huez al confronto somigliano alla pianura padana, con gli Heat che mostrano evidenti segni di appagamento, i Thunder che soffrono un po’ troppo con Memphis per essere presi seriamente in considerazione al momento, con gli Spurs che tutti aspettano paghino il loro essere ultra-centenari in una gara 7 live or die, le chance di vittoria di Paul&co. sono diventate giorno dopo giorno, partita dopo partita sempre più concrete.
E allora, si sarà domandato il buon Sterling, come riportare tutto alla normalità? Come rovinare quell’idillio in panchina e nello spogliatoio che mostra la sua squadra ogni volta che scende in campo? Come rimettere tutto sui quei binari che hanno portato e portano dritti dritti alla porta con su scritto “Looooooser”?
Tecnicamente, no way. Managerialmente, too late.
Ed ecco dunque il colpo di genio: farsi beccare come un pirla al telefono con la propria donna in imbarazzanti esternazioni a sfondo razzista. Imbarazzanti poco per Sterling, molto per i suoi giocatori che negri sono e per un’America che su questi argomenti non ti dà scampo.
Piano riuscito al 100%: idillio a quel paese, giocattolo rotto. Maglie rosse come l’imbarazzo nel pre-game di gara4 come protesta silenziosa. Partita persa (l’avrebbero persa comunque). Ma nello spogliatoio a fine gara avranno pensato ad altro. Il problema è proprio questo. La pallacanestro, quella meraviglia che stavano giocando di questi tempi a Lob City, non c’entra più nulla.
Nba, where idiocy happens