C.I.A. Saved Lives
Ci sono momenti e momenti. E ci sono proporzioni che richiederebbero un minimo di buonsenso: sui due piatti della bilancia della discussione di oggi ci sono 119 presunti terroristi da un lato e 3000 morti nel crollo delle Torri Gemelle dall’altro. Difficile immaginare di parlare dei primi senza considerare i secondi. Eppure il rapporto sui metodi di interrogatorio della CIA presentato nei giorni scorsi da Dianne Feinstein compie esattamente questo clamoroso errore e la retorica che ne è seguita (con le solite, banali annotazioni sui due principali quotidiani italiani) non si discosta molto da una narrazione che sembra scritta da gente nata il 12 Settembre 2001.
La cosa peggiore che potesse accadere dopo gli attentati a New York e Washington è che gli occidentali pensassero che tutto sarebbe ritornato alla normalità, una volta elaborato il lutto. Ma la “normalità” non c’è più stata. Ci sono invece state le stragi di Madrid e Londra, c’è oggi l’avanzata dell’ISIS alle porte dell’Occidente. Una guerra asimmetrica e permanente che non può essere combattuta né con armi e tattiche tradizionali né tantomeno facendo sfoggio continuo del moderno manuale delle Giovani Marmotte, quella convenzione di Ginevra scritta in un altro tempo e per altri conflitti.
Il problema è che, in piena sindrome di Stoccolma, gli europei hanno fatto ogni sforzo pur di negare questo contesto, riportando tutto ai soliti bizantinismi: l’Onu, i diritti umani, il dialogo tra religioni. Nessuno che si sia mai premurato di dire esattamente di cosa stiamo parlando, di aggredire alla radice un problema che è di esistenza in vita di una civiltà millenaria che rischia di finire impiccata ai propri diritti, per non aver avuto il coraggio di difenderli con determinazione ed ostinazione quando si è reso necessario. E quando il terrore ha bussato, come già era accaduto con la Germania di Hitler o il Giappone dei kamikaze, ad aprire la porta si è presentato il solito Zio Sam.
Nei dieci anni che hanno preceduto l’attentato dell’11 Settembre, gli Stati Uniti hanno subito due raid contro le proprie ambasciate in Africa e diversi atti di guerra contro le proprie navi militari senza contare, ovviamente, lo sconsiderato atto di guerra del 2001. Tutti questi episodi portavano in calce la firma di Al Qaeda: combattere il network del terrore ha richiesto una sana dose di pragmatismo e fingere di ignorare come la scelta fosse tra combattere o morire e non tra diverse regole di ingaggio è semplicemente una mistificazione della realtà.
Fin qui la filosofia. Ma cos’è concretamente il rapporto di cui tanto si parla? È un atto interno al Senato americano ed è simbolicamente uno degli ultimi documenti prodotti da un ramo del parlamento che sta per passare dalle mani democratiche a quelle repubblicane: difficile, anche a voler essere ingenui, non vederci un fine politico. Il documento è stato interamente redatto dallo staff di supporto dei dems e non è un caso che, a differenza di larga parte degli studi di questo tipo, la conclusione del lavoro della commissione d’inchiesta non contenga alcun tipo di raccomandazione o di nota operativa per i futuro. E’ quindi, in buona sostanza, un atto d’accusa, un attacco nemmeno tanto mascherato alla principale istituzione che si occupa della sicurezza americana e il cui lavoro, come accade in tutti i paesi normali (Italia compresa), dovrebbe essere messo al riparo dalle normali diatribe politiche.
I fatti, anche solo quelli noti, smentiscono o quantomeno mettono in serio dubbio il rapporto della Feinstein praticamente su ogni punto.
Primo: gli interrogatori sarebbero stati inefficaci. Peccato però che Bin Laden non sarebbe mai stato catturato senza l’utilizzo di forme di interrogatorio “intensivo” e che senza quelle stesse modalità utilizzate per ottenere informazioni la CIA non sarebbe mai giunta all’arresto del terrorista che pianificò l’attentato di Bali (200 morti) o della mente dell’11 settembre, quel Khalid Sheikh Muhammed che proprio mentre veniva fermato stava pianificando diverse azioni terroristiche (“KSM, alone, was working on multiple plots when he was captured” scrivono sul Wall Street Journal gli ultimi tre direttori della CIA).
Il secondo passaggio è quello che giustificherebbe l’inchiesta e scaricherebbe ogni colpa sulla CIA: l’intelligence americana avrebbe agito tenendo all’oscuro di tutto la Casa Bianca, l’intero esecutivo statunitense e il Congresso. La versione è smentita con dovizia di particolari da gli ex direttori dell’agenzia, George J. Tenet, Porter J. Goss e Michael V. Hayden e dai loro vice John E. McLaughlin, Albert M. Calland e Stephen R. Kappes. Sul sito ciasavedlives.com, appositamente creato per confutare il rapporto, spiegano di aver agito coordinandosi costantemente con Casa Bianca e Congresso. Passi l’ok di Bush e del suo Attorney General (diamo per scontato si tratti di persone cattive) ma possibile che nessuno dell’attuale maggioranza democratica al Senato si sia mai accorto di ben 30 briefing avvenuti con i leader del Congresso appartenenti ad entrambi gli schieramenti? Nancy Pelosi non ha mai partecipato ad alcuno di questi meeting? Nessuno dei membri del Comitato che ha redatto il rapporto è mai venuto a conoscenza di questi incontri?
Ma soprattutto: come è possibile che una commissione di inchiesta che vuole inchiodare i presunti trattamenti illegali della Cia spenda 40 milioni di dollari e due anni di audizioni senza ascoltare mai… nessuno della Cia? Né un ex direttore, né un qualsiasi funzionario responsabile dei programmi che venivano contestati, né un ufficiale sul campo che si sarebbe macchiato di questi crimini. A nessuno di loro è mai stato chiesto conto di nulla. E appare quantomeno bizzarro voler censurare il comportamento di qualcuno ed evitare accuratamente di voler sentire la sua versione dei fatti, non fosse altro per dimostrare davanti a tutti e con chiarezza la fondatezza delle accuse.
Ma c’è di più, e veniamo finalmente al contenuto di questi interrogatori: non è la prima volta che qualcuno si occupa del tema. Eric Holder, Attorney General nominato da Barack Obama, ha condotto un’indagine durata tre anni e che che mirava proprio ad accertare se mai la CIA avesse utilizzato tecniche non autorizzate e se vi fossero stati comportamenti criminali nel corso delle azioni compiute dall’agenzia nelle sue funzioni di anti-terrorismo. La relazione finale del magistrato incaricato delle indagini, John Durham, stabilì che l’esame di 101 casi di soggetti allora detenuti dalla CIA non evidenziò alcuna violazione per cui fosse necessario procedere penalmente.
Anche l’amministrazione Obama, quindi, sarebbe complice di questa gigantesca opera di insabbiamento di pratiche atroci e di torture senza pietà perpetrate senza alcuna ragione di urgenza e, soprattutto, senza alcun effetto concreto?
Nessuno vuole sostenere l’insostenibile: quegli interrogatori non avvenivano dentro i canoni usuali del diritto penale né americano né internazionale. L’interrogato non aveva un avvocato e non veniva sentito comodamente seduto su un divanetto in una sala con aria condizionata e caffè caldo. La Cia ha operato in un contesto di guerra: strisciante, subdola, totalmente diversa dalle guerre sin qui combattute. E se in battaglia per le strade di Kabul ti si para davanti il nemico, certamente non consideri le regole di ingaggio che applicheresti durante una perquisizione a Long Island: spari e cerchi di salvare la vita tua e di chi ti sta intorno. Qui l’emergenza è amplificata all’ennesima potenza: questi signori, non certo dei frati francescani, erano depositari di informazioni che potevano salvare la vita a decine (migliaia nel caso delle Twin Towers) di cittadini innocenti. E i risultati danno senza ombra di dubbio ragione alla Cia: nessun attentato è mai avvenuto sul suolo americano dopo l’11 Settembre e la rete di Al Qaeda è stata – non senza qualche errore – indebolita, smantellata, decapitata.
Con buona pace degli schizzinosi commentatori di casa nostra, pronti ad abbracciare il machiavelico “fine che giustifica i mezzi” soltanto quando c’è di mezzo la repressione fiscale (come giustificare altrimenti gli studi di settore, il solve et repete e il costante sfregio a qualsivoglia diritto di proprietà?) e incapaci di uscire dai libri delle favolette internazionaliste quando invece c’è da difendere la civiltà occidentale. Loro vorrebbero un mondo in cui si affrontano i terroristi a colpi di convegno ma si utilizzano le unità speciali d’assalto per combattere l’evasione fiscale. Noi, semplicemente, sosteniamo il contrario.