Tre scomode verità che non vogliamo riconoscere
Prima o poi doveva accadere. Come nessuno dei precedenti attacchi, quelli di oggi all’aeroporto e alle stazioni centrali della metropolitana di Bruxelles, cuore delle istituzioni europee, sono emblematici del fallimento e della totale inadeguatezza, sproporzione per difetto, delle nostre politiche di sicurezza, di intelligence, e di contrasto anche culturale del terrorismo islamico.
Tre sono le scomode verità che ci ostiniamo a non voler riconoscere ma che attacco dopo attacco appaiono sempre più evidenti.
La prima ha a che fare con quella che semplificando possiamo chiamare la “questione Guantanamo”, ovvero la questione dello status giuridico dei terroristi islamici. Si tratta senz’altro di combattenti che compiono atti di guerra e crimini contro l’umanità, all’estero come nel cuore delle nostre città. Ma non appartengono all’esercito regolare di uno Stato che ci ha dichiarato guerra. Quindi non abbiamo una controparte con la quale organizzare uno scambio di prigionieri, né avremo mai una data ufficiale di fine del conflitto dopo la quale poterli liberare senza pericolo. I nostri nemici rapiscono e tagliano gole. Noi europei quando ne arrestiamo uno non siamo nemmeno in grado di farci dare informazioni sufficienti a sventare un attentato imminente. Se c’è una peculiarità degli attacchi di Bruxelles rispetto ai precedenti, infatti, è che sono avvenuti nonostante uno dei terroristi del gruppo, Salah Abdeslam, già organizzatore ed esecutore degli attacchi di Parigi solo quattro mesi prima, fosse già agli arresti, da venerdì scorso. Molto difficile credere che Salah non fosse a conoscenza dei piani di questa mattina. E infatti ci è stato detto che stava “collaborando” e che lunedì l’intelligence belga aveva allertato le autorità di Bruxelles su un attacco terroristico imminente, senza però saperne indicare con precisione il luogo, la data e le modalità (fonte: BFM TV). Quindi, c’è la possibilità più che concreta che le autorità belghe non siano riuscite a farsi dire da Salah tutto quello che avrebbero dovuto farsi dire… E può succedere, quando si pretende di combattere il terrorismo islamico come criminalità comune.
La sensazione, il sospetto più che fondato, è che possiamo trovarci di fronte ad un caso di scuola paventato da molti in questi anni: al terrorista non viene torto un capello, per carità, ma quello si prende gioco di tutti e non si riesce a impedire l’attentato. E magari ora si starà facendo grasse risate… Mi sembra di vederle le scene degli interrogatori di garanzia con il magistrato di turno e dei colloqui con l’avvocato d’ufficio, magari anche l’interrogatorio con l’intelligence in cui finge di collaborare omettendo l’essenziale. Ore e giorni preziosi persi… Possibile, accettabile, avere tra le mani per 72 ore uno dei terroristi, sapere con certezza che è uno di loro, e non riuscire a sventare l’attacco imminente?
Siamo, insomma, in un territorio completamente sconosciuto, per cui è necessario elaborare ex novo, dal nulla, uno status giuridico e degli standard di trattamento. Ma una cosa è certa: il terrorismo non si può combattere con le armi della giustizia ordinaria, con i tempi sia pure accelerati di tribunali, interrogatori di garanzia, colloqui con avvocati, richieste di estradizione. Gli Stati Uniti hanno faticosamente trovato un punto d’equilibrio, un compromesso, per quanto precario e coperto da un velo di ipocrisia. Noi europei non ci siamo ancora nemmeno posti il problema, lo scansiamo sdegnosamente.
La seconda verità scomoda è che i terroristi islamici godono di un ampio supporto da parte delle comunità musulmane europee. Supporto che va dall’omertà e dalla copertura alla vera e propria complicità attiva. Nonostante dopo gli attacchi di Parigi fossero braccati dai servizi di sicurezza di mezza Europa, non solo Salah Abdeslam e Najim Laachraoui sono riusciti a fuggire, a nascondersi per quattro mesi a Molenbeek, in un quartiere islamico alle porte di Bruxelles. Sono riusciti persino a pianificare altri attacchi e non possiamo escludere che persino l’arresto di Salah fosse parte del piano… Tutto questo è impossibile, inimmaginabile, senza la complicità sia passiva che attiva di centinaia, forse migliaia di appartenenti alle comunità musulmane francesi e belghe. Bisogna fare i conti con vere e proprie roccaforti di jihadismo all’interno delle nostre capitali, enclave rispetto alle quali parlare di islamizzazione dell’Europa non può essere liquidato come esagerazione populistica. Non ho la soluzione in tasca, ma è certo che aprire gli occhi, esserne consapevoli, smetterla di farsi intimidire dal politicamente corretto e dal timore di passare per razzisti, è solo il primo passo.
Terza scomoda verità: l’immigrazione c’entra eccome, anche se non nel senso banale che i terroristi si infiltrano tra gli immigrati e i rifugiati. Non si può escludere che avvenga, ma non è questo il punto. Nei confronti del fenomeno degli “homegrown terrorists”, che si muovono con passaporti europei, parlano perfettamente francese o inglese, spesso sembrano “integrati” da generazioni, sono protetti dalle loro famiglie e nei loro quartieri, noi siamo più disarmati e loro logisticamente avvantaggiati. Paesi europei dove vivono milioni di musulmani naturalizzati in forza di una consolidata storia coloniale non possono farci niente, devono combattere il fenomeno per quello che già è. Ma in altri Paesi il fenomeno si può ancora arginare e temi quali l’immigrazione e la cittadinanza diventano il fronte, la prima linea. Bisogna affrontare questi temi con la consapevolezza che ad oggi l’islam, essendo non solo religione ma soprattutto politica, e ideologia totalitaria, è incompatibile con i valori fondamentali alla base della convivenza nei nostri Paesi. Ne deriva che milioni di immigrati sono culturalmente inintegrabili, ammesso che lo siano economicamente e socialmente… Più immigrati di cultura islamica entrano oggi nei nostri Paesi e vengono magari anche naturalizzati, più jihadisti ci saranno domani, forse non tra di loro ma di sicuro tra i loro figli: e saranno centinaia, forse migliaia. E’ un fatto demografico e statistico ed è solo una questione di tempo, così come un fatto sarebbe l’arretramento del livello medio di cultura civile nella popolazione, passi indietro di decenni, per esempio, sulla libertà d’espressione e sul ruolo della donna.
Purtroppo temo che anche questa volta tutto finirà in nastrini di commemorazione, avatar di solidarietà su Facebook e retorica a buon mercato… e in più stringenti misure di sicurezza… Certo, possiamo schierare l’esercito nelle strade, spostare i metal detector all’entrata di aeroporti e stazioni, ma ci sarà sempre da qualche parte una fila in mezzo alla quale i terroristi potranno farsi esplodere. Di fronte a noi abbiamo un bivio: o accettare di assistere periodicamente, e con sempre maggiore frequenza, a giornate come questa, consolandoci di contare decine e non centinaia di morti; oppure riconoscere queste tre verità e agire di conseguenza, invece di scappare via in lacrime come la Mogherini.
Sono in parte d’accordo. Sono d’accordo quando si parla di combattare il terrorismo all’interno del nostro continente in modo diverso da quello che e’ stato fatto finora, assolutamente, ma quando si dice che l’immigrazione porta ad un arretramento del livello di cultura nella popolazione, dubito fortemente. Stiamo parlando di persone che se non sono andate a scuola e’ perche’ non gli e’ stato permesso a causa della guerra, a causa di una famiglia essa stessa senza istruzione.. Ho visto su FB commenti di italiani che hanno avuto la possibilita’ di andare a scuola, che hanno studiato ma con un livello culturale talmente basso da farmi vergognare di appartenere a questo paese.
Non intendevo cultura in senso di “istruzione”, ovviamente, ho citato anche un paio di esempi. E’ un fatto numerico: fatto 100 il totale della popolazione, se i cittadini di cultura islamica che vediamo oggi nelle capitali europee sono 10 o 20 o 30 cambia radicalmente l’accettazione media presso quella popolazione di conquiste civili e liberali che riteniamo acquisite da decenni, come libertà d’espressione in tutti i campi e ruolo della donna nella società, solo per citare due esempi… In alcune città è un fenomeno già in atto…
Sono talmente d’accordo che stamattina avevo scritto cose analoghe per i miei amici. Trascrivo di seguito la nota
Strategia contro il terrorismo
Abbiamo vissuto l’epoca buia del terrorismo e, con i fatti oltre le parole, abbiamo vinto….abbiamo vinto solo quando tutti, governo ed opposizioni, Paese reale e Istituzioni, opinione pubblica generale furono compatti e determinati insieme, quando nessuno trovó più giustificazioni e pretesti per i brigatisti assassini, quando il terrorismo fu veramente isolato da tutti e tutti furono d’accordo sulle misure da adottare.
Esiste la possibilità oggi di un’azione comune e compatta? Molte evidenze lo escludono. Basta vedere e leggere opinioni e interventi sui social per capire quante diversità coesistano. “É tutta colpa degli Americani e degli Inglesi che li vanno a bombardare” detto non da uno ma condiviso da più di qualcuno, é l’emblema del supporto che l’Isis riceve indirettamente anche nel nostro Paese e della difficoltá di trovare unitarietà di intenti.
Così come la pervicacia dei paladini dell’accoglienza indiscriminata che insistono, contro l’evidenza, a sostenere la natura imbelle e solo sofferente dei profughi e che irridono, come fosse gretto e poco evoluto, chi prova ad accennare ai concreti pericoli veicolati dalla migrazione.
Come si fa di fronte a queste posizioni, purtroppo non isolate, a prendere provvedimenti seri e concreti? Saranno sempre e soltanto palliativi ed apparenze, niente di veramente efficace.
Eppure, pur non essendo semplice, potrebbe essere fattibile, distinguendo in primis tra interventi in Europa e misure nazionali e partendo però da certezze non discutibili e cioè che la migrazione é la copertura per il trasferimento di terroristi e kamikaze in Europa e che il nostro Paese, al pari degli altri in questo continente, é pieno di clandestini, senza lavoro e senza apparente sostentamento, tutti islamici e quasi tutti militanti o simpatizzanti dell’estremismo violento e dell'”Allah é grande”.
In Europa la strada parte da una sola grande risoluzione: costituire un organismo antiterrorismo unico, comprensivo di polizia e magistratura, che operi su tutto il continente in funzione preventiva e repressiva con procedure e strategie unificate e con poteri straordinari. É lo strumento indispensabile, come lo era stato in Italia con la costituzione dei nuclei speciali del gen.Dalla Chiesa, per avviare e portare al successo l’azione.
Occorrono poi misure nazionali convergenti su tre direttrici.
Prima: accoglienza dei profughi rigorosa, selettiva e non emotiva con trattenimento in regime di controllo di tutti i migranti fino alla certa identificazione ed il successivo rimpatrio, per i non graditi e per gli esuberanti, verso i Paesi di imbarco, individuati attraverso la traccia delle rotte.
Seconda: garanzia di occupazione e di sistemazione per gli accolti (evitando ogni ghettizzazione) nonché di formazione culturale e sociale ai fini dell’integrazione (e indirettamente della vigilanza).
Terza: costituzione a livello centrale e periferico di nuclei di speciale vigilanza anti Isis (in linea con l’organismo europeo) con il compito di esercitare, in simbiosi con le Forze giá operanti, specie quelle capillarmente ramificate, un costante controllo del territorio per ricercare e individuare clandestini, da sottoporre a rigide misure di accertamento, verifica e, in ogni caso dubbio, di allontanamento. Ma anche per monitorare luoghi, esercizi pubblici, moschee di possibile incontro, proselitismo e formazione di aspiranti terroristi.
Per ultimo é tutto inutile sul nostro continente se non si elimina il cancro all’origine. Se lasciamo che l’Isis continui ad espandersi, ne favoriremo il consolidamento ed il potenziamento e non riusciremo a spezzare il filo che unisce il Califfato agli Islamisti nel mondo. Occorrono consapevolezza e risolutezza al riguardo: la totale cancellazione dell’Isis é l’unica, vera misura per prevenire ed impedire la distruzione della nostra civiltà.
“sveglia gente, sveglia! Intimiditi come siete dalla paura d’andar contro corrente oppure d’apparir razzisti, non capite o non volete capire che qui é in atto una Crociata all’inverso”. Non sono parole di Salvini ma di Oriana Fallaci.
23.3.2016. 620ª
Direi che abbiamo trovato la soluzione al problema del terrorismo islamico. La prima cosa da fare dopo l’arresto di un sospettato e’ torturarlo fino a che non dice quello che magari non sa. Magari perche’ aveva avuto la pessima idea di scaricare materiale di propaganda isis o di appendere in camera una bandiera del califfato. Mica possiamo aspettare i comodi dei giudici strapagati. Che arrivino a una sentenza di condanna. Tortura e via! E sulla terza verita’ ( di Fatima?) vedo un prande pogrom. Una deportazione di massa di tutti gli immigrati di fede mussulmana.ovviamente previa tortura dei medesimi per accertare la vera fede. Clap Clap
«Possibile, accettabile, avere tra le mani per 72 ore uno dei terroristi, sapere con certezza che è uno di loro, e non riuscire a sventare l’attacco imminente?»
Una delle spiegazioni (vedere anche notizie su 11 settembre) potrebbe essere che questi attentati facciano comodo al potere “nostro” per distrarre da… giustificare il… o alzare il fatturato.
Per esempio: dopo gli attacchi terroristici aumenta la vendita di armi (di cui l’Italia è grande produttrice, sempre per esempio)
Analisi corretta,che condivido. In maniera analitica esprime ciò che pensano molti italiani. Grazie!
Eccellente disamina!
Analisi ottima, peccato che i commenti siano inquinati dalle fesserie di “Alberto” (che non ha capito quello che leggeva) e del complottista di turno “G”