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Imprenditori a corrente alternata

Il Friuli è terra di mare, montagne, colline, lavoratori e di un centrodestra che ormai rasenta la follia. Quando si votò nel 2003 pensavamo di aver toccato il fondo dell’incompetenza politica, dell’autolesionismo delle libertà che per mesi ci hanno propinato. Prima Tondo incoronato, poi messo da parte. La nomina di Alessandra Guerra e l’inizio dei mal di pancia, la buffa storiella dei visitors e la terza lista guidata da Ferruccio Saro (Forza Italia). Solite pazzie. Arriva Illy e mette d’accordo, più o meno, tutti: vittoria schiacciante e cortei adoranti ai piedi dell’imperatore. Gli anni che seguono sono caratterizzati da una società civile tutta volta a raccontarci di quanto questo imprenditore del caffè prestato alla politica (prestato da quindici anni, ormai un mutuo) fosse bravo, buono e bello. Non avessimo gli occhi per guardare ci avrebbero raccontato anche che somigliava a Schwarzenegger. Quattro lunghissimi anni in cui la presunta società civile e la tanto decandata classe imprenditoriale friulana si sono spesi in elogi al Re, quasi fossimo di fronte ad una rivoluzione copernicana della gestione della politica regionale. E, in fondo in fondo, una piccola rivoluzione c’è stata: siamo stati governati (anche) dalla sinistra più estrema che ha imposto il reddito di cittadinanza, una legge sul buonlavoro ideologica e malpensata, una legge immigrati che da tutto a tutti e non chiede niente a nessuno e nonostante ciò, appena esci dai confini della regione parlano di Illy come di un “modernizzatore”, un compiuto riformista, un blairiano con il pallino degli affari. Il governatore si fa intervistare dai giornali più chic della penisola e racconta di come “bisogna ridurre i costi della politica”, salvo dimenticarsi di aver trasformato questa regione in un dirigentificio, di aver voluto solo assessori esterni aumentando del 15% i costi del solo Consiglio Regionale, di aver pagato 200mila euro l’anno un Direttore Generale di cui ancora ci sfuggono le prerogative. E’ stato un genio, Riccardo Illy. Un genio, che come tutti i geni, è stato capacissimo di inventarsi le cose più assurde (vendersi come un riformista) e di scivolare sulle sciocchezze che un politico avrebbe dovuto saper gestire (rigassificatori, cementificio, rapporto con la gente). Le discese ardite e le risalite, direbbe il Poeta. E così come tutte le ascese migliori si fanno in buonissima compagnia (industriale soprattutto), le discese, specie se ripide, si affrontano in solitaria. Succede allora che Tommaso si faccia scappare la notizia che “ci sono tanti di quegli imprenditori pronti a correre che basta alzare il telefono“. A noi la domanda sorga spontanea, molto spontanea: dove diavolo sono stati in tutti questi anni? Troppo impegnati a presenziare a fiere, ricevimenti lussuosi a Villa Manin e chi più ne ha più ne metta. Scaltri a sgomitare per una foto vicino a Riccardo il Grande. Ora che il centrosinistra perde le amministrative, però, sono pronti a candidarsi, a esporsi, a farsi vedere. Non c’erano nel 2003 a sostenere Alessandra Guerra contro Rifondazione, Verdi e Comunisti Italiani. Non ci sono stati in questi quattro anni di opposizione e avevano perso il dono della parola quando Illy distribuiva contributi o chiedeva di usare Friulia (una banca regionale al servizio delle imprese) per finanziare le sue follie in politica sanitaria. Così come non c’erano quando c’era da difendere il peso del Friuli contro la pazzia della creazione di una nuova provincia, idea cara al Governatore (salvo smentirsi due mesi dopo chiedendo l’abolizione di ogni ente intermedio in cui lui non comandava). Non c’erano e se c’erano non si sono visti. Adesso, cortesemente, ritornino dove sono stati finora, lascino fare politica a chi ha avuto il coraggio e l’onestà intellettuale di resistere allo Tsunami politico rappresentato da un uomo che si erge a paladino della buona amministrazione ma che di buono ha avuto sempre e solo i salotti che stavano dalla sua parte.

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