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Il fallimento della politica obamiana in Siria

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Quanti sono i famosi ribelli siriani finanziati e addestrati dagli Usa per contrastare l’avanzata dell’Isis (ed opporsi ad Assad)? Attualmente non più di 4 o 5La sconcertante rivelazione è stata fatta davanti alla Commissione Difesa del Senato americano dal Gen. Lloyd Austin, capo del CENTCOM (il Comando Unificato del Dipartimento della Difesa che coordina i teatri di guerra iracheno e siriano).

Il Generale, convocato per rispondere dello scandalo scatenato da un’inchiesta del Daily Beast, secondo cui il CENTCOM avrebbe manipolato i report consegnati alla Casa Bianca per dimostrare che le operazioni contro l’Isis progredivano, ha dovuto ammettere che la strategia degli Stati Uniti in Siria sta miseramente fallendo.

Quando la senatrice repubblicana Deb Fischer ha chiesto direttamente all’alto ufficiale quanti fossero i ribelli addestrati e impegnati in combattimento contro l’Isis, nessuno dei senatori presenti avrebbe mai immaginato quello che il militare ha risposto: “è un numero piccolo quello che attualmente è in grado di combattere, stiamo parlando di 4 o 5” (il passaggio lo potete vedere qui al minuto 55:06). Dei migliaia di combattenti che gli americani pensavano di aver reclutato e addestrato, non c’è traccia.
Il Presidente della Commissione, il vecchio John McCain, uno che di guerre se ne intende (è stato un eroe del Vietnam, imprigionato e torturato per anni e veterano della politica estera americana), ha detto: “in 30 anni non ho mai sentito una cosa come questa”.

GLI USA IN SIRIA
Gli Usa operano in Siria con due programmi di addestramento di ribelli anti Isis e anti Assad (ne abbiamo parlato qui una settimana fa): uno top secret della Cia (ma svelato nel giugno scorso dal Washington Post), del costo di 1 miliardo di dollari l’anno, che agisce dalla Giordania. Un secondo, autorizzato dal Senato e organizzato dal CENTCOM che prevede un impegno di spesa di 500.000 dollari l’anno (per tre anni) per armare e addestrare 15.000 combattenti (5.000 l’anno) dalla Turchia. Nei primi dieci mesi invece dei 5.000 soldati previsti pronti per combattere sul terreno, gli Usa ne hanno 5, e non è solo una questione di “zeri”.

IL QUADRO MILITARE IN SIRIA E IRAQ
Nella sua audizione, il Gen. Austin ha in realtà riconosciuto che se il programma in Siria va a rilento, in Iraq i risultati sono evidenti; e“anche se l’Isis è ancora in grado di condurre attacchi e incitare al terrore, la capacità complessiva dell’organizzazione è stato ridotta”. Il programma prevede nove “Linee d’intervento” (LOE – Line of Effort), di cui la terza, la“Capacity Building Partner”, consiste in “programmi di addestramento, equipaggiamento e consulenza in Iraq e Siria”.

Secondo il Gen. Austin, “straordinariamente efficaci” sono le operazioni aeree della coalizione anti-Isis: in tutto 6.900 bombardamenti che si sono dimostrati “tra i più precisi e punitivi nella storia dei conflitti (più del 95% di efficacia)”, che hanno costretto l’Isis, che aveva iniziato ad operare come un esercito convenzionale, a tornare“una forza irregolare” diminuendo la capacità di comando e controllo, eliminando molti capi e leader sul campo e generando i primi cedimenti psicologici. Ma sul terreno siriano la situazione è drammatica: qualche settimana fa, sessanta ribelli addestrati in Turchia sono scomparsi appena entrati in Siria. Ufficalmente perché catturati dalle milize jihadiste di Al Qaeda (rivali dell’Isis) e operanti nel nord; ma qualcuno sospetta che siano passati armi e bagagli con gli islmaisti con cui condividono la stessa appartennza sunnita.

A parziale giustificazione americana va detto che in Iraq, essendoci un governo riconsciuto dagli Usa,  l’attività si basa sulla riorganizzazione dell’esercito (13.000 soldati addestrati e 3.000 in formazione) e solo limitatamente sul reclutamento di reparti irregolari sunniti (3.000 combattenti addestrati e 750 in formazione). Al contrario in Siria, Washington non riconosce il governo legittimo di Assad (che anzi ha provato ad abbattere) e quindi la sua azione si basa sul reclutamento da zero di nuove forze armate tra i profughi sunniti.

PIÙ GRAVE CHE PERDERE UNA BATTAGLIA
Fatto sta che quei “4 o 5” combattenti operativi a fronte di un anno d’impegno e di mezzo miliardo di dollari dei contribuenti spesi, rappresentano il fallimento più tragicamente comico nella storia della politica estera Usa. In Medio Oriente, l’America di Obama sta perdendo qualcosa di più importante del proprio ruolo strategico e di più grave di una battaglia: sta perdendo la faccia e la credibilità, due cose che non si recuperano facilmente.

(da “L’Anarca”, il blog di Giampaolo Rossi su “Il Giornale”)

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