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Quelli che ben pensano e i furbetti del quartierino

Fazio e TremontiQuando Giulio Tremonti se la prendeva con Bankitalia definendola una “lobby insostenibile”, qualcuno se ne ebbe a male. Silurarono Tremonti e issarono Siniscalco. Secondo il settimanale Panorama era il tentativo di ricucire i rapporti con Bankitalia, dopo gli strappi del superministro creativo. Tremonti di creativo aveva ben poco. Probabilmente era l’unico che aveva il coraggio di dire le cose come stavano e adesso, inutile dirlo, tutti gli danno ragione. Era il 3 Luglio 2003 e tra Tremonti e Fazio infuriava la polemica sul DPEF e sulle riforme del Governo Berlusconi. Ma il motivo era un altro, molto più serio. Tremonti riteneva Fazio inadatto a gestire il sistema bancario italiano. E adduceva quelli che oggi sembrebbero autentici campanelli d’allarme non ascoltati. Oltre agli arcinoti casi “Cirio“, “Parmalat” e lo scandalo della “Banca 121” a preoccupare il Tesoro era stata la gestione della “guerra per Generali” e l’invadenza del Governatore sul “caso Fiat“,in cui Fazio, di fatto, bloccò il progetto di Mediobanca favorendo l’assetto previsto da Unicredit, San Paolo Imi, Capitalia e BancaIntesa. Fazio non è mai stato un arbitro onesto, quello che sta emergendo con Fiorani e la Bpi è probabilmente uno dei tanti episodi accaduti. Adesso gli scenari sono due: o si scoperchia definitivamente il pentolone delle relazioni tra finanza e politica oppure Fiorani verrà usato come capro espiatorio e chi aveva ed ha protettori più influenti di un Luigi Grillo qualsiasi non verrà minimamente sfiorato. Sempre Panorama, al tempo della querelle Fazio-Tremonti, pubblicava i nomi dei politici schierati con l’uno e con l’altro. Tra i fazisti troviamo: Guglielmo Epifani Savino Pezzotta Gianfranco Fini Marco Follini Pier Ferdinando Casini Rocco Buttiglione Gianni Alemanno Mario Baldassarri Enzo Ghigo Francesco Storace Vincenzo Visco Pierluigi Bersani Antonio Marzano Gianni Letta Luigi Grillo Chi per un motivo, chi per l’altro, queste sono tutte persone che si spesero in prima persona per la cacciata di Tremonti, dietro il paravento della richiesta (falsa) di “più collegialità” e l’accusa di “conti truccati”. Poco dopo le dimissioni di Tremonti, il superministro disse

“parlerò quando sarà il momento, quando sarà tutto finito, per ora ho solo grosse amnesie ed è meglio così”.

I fatti, tre anni dopo, hanno parlato per lui.

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