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Elogio del tremontismo
Chiariamo subito un concetto: Tremonti non è un liberista. Non lo spacceremo per tale e non lo faremo diventare il paladino del liberismo in salsa nostrana. Tremonti non crede che il mercato sistemi tutto, o forse lo crede, ma sa che è una soluzione inapplicabile. Su Tremonti se ne sono dette e scritte tantissime, ma la verità è che questo ministro ha dovuto andare a nozze coi fichi secchi. E spesso ci è riuscito. Certo, con condoni, cartolarizzazioni (peraltro inventate da Visco), finanza creativa e tutto il resto. Ma Tremonti ha tenuto i conti in regola (mai una procedura di infrazione con lui), ha limitato le spese folli degli Enti Locali e ha tenuto le mani bel lontane dal portafoglio degli italiani. Non lo voglio spacciare per un santo, nemmeno per un paladino del libero mercato. Ma per uno che ha fatto un lavoro difficile in un momento difficile questo sì. E lo ha fatto bene. Sarebbe stato facile calare l’asso dell’una-tantum (stile eurotassa) e far tornare i conti. Lui ci ha messo del suo, rischiando molto. E spesso ha visto più lungo degli altri. Parlava di Fazio quando nessuno lo faceva, avvertiva del pericolo cinese quando nessuno se ne curava (ed è dell’altro ieri la notizia delle scarpe “tossiche”), temeva il pericolo “disinnamoramento europeo” mesi prima del “non” francese alla Costituzione. Su molte cose, ci aveva visto giusto. E’ chiaro, io una simpatia particolare per i liberali, i liberisti e tutto il resto però c’è da dire una cosa: questo ministro ha limitato la spesa pubblica non necessaria e abbassato le tasse. Cioè fatto tutto ciò che un vero liberale dice di fare: diminuire il peso dello Stato. E’ un ministro armato di realismo e realpolitik, con un acapacità di zittire avversari e oppositori che non ha eguali nel centro-destra. Sfruttiamolo di più, perchè quando parla arriva dritto alla gente. In questa campagna elettorale è quello che serve.