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Per Cameron la grande occasione è la riforma del Welfare

Parlare di “esigenza di una riforma strutturale del welfare” in Gran Bretagna pare un controsenso. Fino a pochissimi mesi fa,infatti, era stato il “Welfare to Work” blairiano ad essere considerato il termine di paragone per valutare la bontà o meno di un progetto di riforma dello Stato Sociale. Essere qui,oggi, a discuterne il superamento è sicuramente il segno tangibile che qualcosa non ha funzionato. Non ha funzionato perchè la disoccupazione inglese è altissima e non ha funzionato perchè la tenuta sociale manca (i poveri sono sempre di più). Questo perchè a Blair (ma forse più a Gordon Brown) è mancato il coraggio. E dire che la strada era stata segnata da Bill Clinton con il Personal Responsibility and Work Opportunity Reconciliation Act del 1996. Uno strumento che ha sostanzialmente visto d’accordo anche i Repubblicani e che non è mai stato preso in considerazione in Europa come paradigma serio di una riforma dello stato sociale (Analisi dell’Heritage Foundation). Sembra,però, che nella concezione di “Compassionate Conservatorism” di David Cameron rientri un concetto di welfare molto simile, come ben esplicitato da Phillip Hammond la settimana scorsa. Potrebbe essere la nuova chiave di volta della prossima campagna elettorale, considerato che stiamo uscendo da quella che gli osservatori europei (spesso distratti) chiamano la “rivoluzione liberale” di Tony Blair. Se David Cameron riuscirà ad essere credibile su questo, se riuscirà cioè a parlare chiaro sui temi economici (dote che è mancata totalmente alle ex guide conservatrici) probabilmente avrà segnto il punto definitivo nella corsa al numero 10 di Downing Street. Questo perchè, al momento, i labour non hanno uno straccio di  idea su come uscire dall’impasse causato dalla loro autoreferenzialità economica: erano convinti di avere creato un sistema da sogno e si sono ritrovati precipitati in un incubo.

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