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L’editto di Bologna

Quando Berlusconi a Sofia disse che qualcuno aveva utilizzato la televisione pubblica per far campagna elettorale partì una querimonia lunghissima. Ci scoprimmo di colpo in pericolo, c’era un regime. Un durissimo regime che avrebbe di lì a poco messo a tacere ogni voce di dissenso e di opposizione al sangunario Reich di Mister B. E sono così trascorsi cinque anni durissimi, tra un Ballarò al martedì sera e una puntata di Report nel fine settimana. Tutti a incensare il leader, tutti a dire quanto fosse bello questo Governo Berlusconi. E poi le dirette delle oceaniche adunate per la pace. Ah,che tempi bui. Adesso, invece, ci lasciano guardare in santa pace le nostra truppe da sbarco nel D-Day libanese, non ci rompono le scatole con gente che non arriva alla fine del mese e con italiani evasori del fisco. Siamo tutti ricchi,onesti ed esportatori di democrazia a basso costo. Ma un leader come Massimo D’Alema non può mica permettere che il suo avversario politico venga ricordato come quello dell’ “Editto di Sofia”. Eh,no; chi glielo spiega agli amici del PCUS poi. Ha messo al lavoro i suoi uomini, eccelenti glossatori di codici Giustinianei che hanno trovato il luogo e il posto adatto per far ritornare agli antichi splendori la falce e il martello. Bologna, festa dell’unità. Così tra una salsiccia e un pò di energia elettrica regalata, il nostro imperatore Baffino II ha avuto tempo e modo di emanare l’editto di Bologna: via Mazza e Mimun. Quelli del Tg3, no,quelli vanno bene così.

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