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Noi, quelli del 12 settembre

L’undici settembre 2001 eravamo tutti americani. Il dodici non più. Il dodici settembre 2001 è iniziata la ridda dei distingui, dei “se”, dei “ma”, dei “forse”. Il mondo doveva essere cambiato per sempre e invece a me è sembrato sempre troppo uguale a se stesso. Con gente cinica e codarda che nemmeno di fronte a 3000 morti sente il bisogno di un pò di silenzio. Quel 12 settembre 2001 si iniziò, con le macerie ancora fumanti, a spiegare alla gente che “in fondo se l’erano cercata” e che “se non rompevano le palle non succedeva”. Università, giornali, centri studi. Doveva essere il momento dello “United we Stand“, è diventato al massimo lo spartiacque di un secolo,quello della “war on terror”. Dove alcuni stanno con il “terror”, altri con chi lo combatte. I 12 settembre che vennero dopo non furono certo migliori. Passata l’onda lunga delle giustificazioni alla follia islamista, arrivò l’armata dei complottisti a raccontarci la sua verità alternativa. Quella dell’11/9 come una grande messinscena organizzata da Bush&Cheney, con l’appoggio degli immancabili sionisti e gli immancabili agenti segreti dell’immancabile CIA. Non conta tanto l’undici settembre che consegniamo alla storia, conta di più il day after, la memoria condivisa. La mia giovane generazione vive (di striscio) la lacerazione della mancanza di una memoria condivisa sul fascismo e antifascismo. Ha vissuto (e mi sa che vivrà) la lacerazione e il dubbio terribile, innescato da alcuni negazionisti, che l’Olocausto non sia mai esistito (cosa forse ancor peggiore del famigerato “Hitler non aveva tutti i torti”). Mi fregio,orgoglioso, di appartenere a quella schiera di uomini liberi che non è mai scesa a compromessi su questo. Siamo stati americani l’undici settembre, come lo eravamo il dieci e come lo siamo stati il dodici. Abbiamo guardato oltreoceano con spirito di sincera ammirazione e di eterna riconoscenza; continueremo a farlo. Ogni undici settembre, ogni giorno in cui un militare americano morirà per portare la democrazia dove non c’è, ogni volta che i nostri soldati rinsalderanno quell’alleanza fatta di valori e comune sentire con la democrazia a stelle e strisce. Non saremo ricordati come la generazione dell’undici settembre. Noi siamo quelli del giorno dopo, quelli che non hanno mai smesso di crederci. Quelli che di fronte al male hanno risposto con la democrazia, quelli che alla faccia dei complottisti e dei turisti della libertà, sentono di essere sempre stati dalla parte giusta.

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