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Tutto attorno a un tavolo

Per Romano Prodi il tavolo è una costante, imprescindibile, della sua storia politica. Non avere un tavolo con cui parlare sarebbe per lui,in particolare, come sconfessare parte della sua storia professionale. Fu un tavolino, durante una seduta spiritica che lo avviso della presenza di una voce dall’aldilà che sussurrava “GRADOLI” ed è un tavolo (dei volenterosi) quello che gli sussurra all’orecchio che “QUESTA MAGGIORANZA NON C’E’ PIU'”. Non serve un genio per capirlo, basta uno sguardo al paese. Queste elezioni Prodi le ha vinte per 24.000 voti,altrimenti al governo oggi ci stava un altro. Un margine minimo, rischiosissimo. Un margine che si è eroso con i primi provvedimenti di questo governo e che è diventato un abisso con l’elaborazione della Legge Finanziaria. Un abisso politico ed elettorale. Se da un lato,infatti, non si trova qualcuno che dica di aver votato Prodi nemmeno con il lumino, dall’altro appare evidente che la maggioranza politica che lo sosteneva non c’è più. Non c’è perchè questa finanziaria scontenta tutti, per motivi opposti. Manca il collante, l’elemento che tiene unite le forze del centrosinistra, manca il background che serve per governare. Capezzone chiede più tagli strutturali e meno tasse, Rizzo fa l’esatto opposto. Capezzone, Lusetti, Rossi, Polito e altri esponenti del centrosinistra incontrano Vizzini, Crosetto, Della Vedova, Alemanno, Urso per parlare delle modifiche da fare per questa legge e la sinistra radicale chiede di non fare accordi su nulla “con le destre”. Prodi, osserva in silenzio, in un angolino. Da spendere gli resta solo la credibilità di Tommaso Padoa Schioppa (che brutta fine la sua). Il dato politico che questo tavolo fa emergere si staglia forte ben oltre gli equilibrismi parlamentari e le liti in commissione: Prodi non conta più e,forse, non ha mai contato davvero.

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