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La Rosa sfiorita

Il  congresso  nazionale  di  Radicali  Italiani  si  terrà a  Padova,  nei  primi giorni di  novembre.  La  dirigenza  del  movimento  liberale, liberista  e  libertario, co-fondatore  della  Rosa  nel  Pugno, ha  scelto la città  della rivoluzione  culturale  del  Quattrocento e  la  capitale  dell’umanesimo. Padova è anche  la  città  che  ospita, fino  al  gennaio  del  prossimo  anno, Andrea  Mantegna, uno  degli  artisti  più  geniali dell’epoca.  Il  suo  portato  è  rivoluzionario, irrompe  sulla scena artistica, spezza la  tradizione  tardogotica,  diventa  l’interprete più  efficace  di  una  città  in pieno  fermento  economico  e  sociale; centro urbano colto  e  avanzato, con  un  fortissimo desiderio  di  modernità. Dal  Mantegna in avanti, la natura dei patavini si è estesa come un magma, influenzando e arricchendo  l’intero  nord  est. In  un  contesto così  pruriginoso, pronto  ad  annusare i capovolgimenti  dei sistemi  produttivi,  si  tiene  il  quinto  congresso  del  movimento politico che ha  contribuito ha  portare  al  governo  di  questo  paese, chi  appartiene  a  un  mondo  completamente  diverso. Radicali  Italiani,  attraverso  la  Rosa  nel  Pugno, ha favorito  la  composizione  di  un  esecutivo  che   non è  in grado  di  distinguere e  dialogare  col  mondo  dei produttori,   anzi, lo  insidia.  Nei  giorni  scorsi,  a Treviso  vi  è  stata  un’importante  manifestazione, corretta,  senza  eccessi,  per  ricordare  il  valore  dell’impresa  nel  sistema  italiano; l’agitazione,  ha  rivelato  il  disagio delle  categorie  produttive  di  fronte  alla prima manovra  finanziaria militante. Per  la  maggioranza  di  governo  è  sembrato  che la  protesta  di  Treviso  non  sia  degna  di  nota. Nessun  segnale  di  attenzione. Del  resto, i  lavoratori autonomi  sono ormai  considerati  evasori tout  court,  marchiati.  Di  questo governo, “distratto” sulla  manifestazione, fanno  parte, per  la  prima  volta, anche  esponenti  radicali, tornati in parlamento grazie  al compromesso  temporaneo con  lo  Sdi. Il contratto, denominato  Rosa  nel  Pugno, si  ispira  a  tre  nomi: Blair, Fortuna, Zapatero, Basta citare il  primo, per  capire  che nemmeno  i  voli  low  cost oltremanica hanno  favorito l’osmosi  col  premier  britannico, a  giudicare almeno da  questi  primi mesi di  legislatura. Neppure  l’amabile buona  volontà  del  segretario uscente Capezzone, che  interpreta  felicemente  i  due  capponi  manzoniani, riesce a  convincere più  gli  elettori  che, vien  da  dire inconsapevolente, hanno  votato  il  peggior  governo  del  dopoguerra. La  Rosa  nel  Pugno  oggi  appare  indurita, incerta, intenta  a  liberarsi dalle  miserie  di  un  dibattito ammuffito, vecchio,  caduto nel  profondo  della  partitocrazia.  Gli  incoraggiamenti  e le  speranze  dell’infaticabile  Pannella  sono  esemplari,  eppure,  la  Rosa  nel  Pugno è  divenuta  l’esempio paradigmatico della  fenditura  geologica  che  divide  il  mondo  della  politca da  quello del  Mantegna  rivoluzionario; della  Padova  genitrice dei  lampi di  genio, della  pionieristica  incertezza che  investe il  grande  interprete  dell’abolizione  della  miseria di  rossiana  memoria. Il  Mantegna, nella  sua  opera  coraggiosa,  ha  mutato il  corso  della  storia. La  Rosa,per  converso, è l’immagine  tragica  dell’inconcludenza  della  politica, che  non  riesce  a  spezzare  la  sua  tradizione, costretta  a  soccombere, spaesata, di  fronte  alla  dinamicità  dell’ impresa. Gianfranco Leonarduzzi Membro del Comitato Nazionale Radicali Italiani

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