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Dietro i silenzi di Silvio
E’ ormai evidente a tutti: la base di Forza Italia (e del centrodestra) scalpita. Scalpita perchè vorrebbe un’opposizione maggiormente incisiva, scalpita perchè vorrebbe la fatidica “spallata” ed elezioni anticipate, scalpita sopratutto perchè percepisce una sorta di “sindrome da abbandono” quasi che il loro leader carismatico si sia trasformato in agnellino. C’è qualcosa di estremamente complesso dietro i silenzi di Berlusconi e dietro il “low profile” adottato in queste settimane da Forza Italia. Alle spalle di tutto c’è la paura, che è ormai un’ipotesi concreta, che sul tavolo delle trattative politiche si stia studiando una soluzione per uscire dalla doppia impasse: quella Prodiana e quella Berlusconiana. L’impasse Berlusconiana consiste, in tutta evidenza, nella presenza di un leader che ha determinato il bipolarismo in Italia e che, stante le cose, rimane l’unico ostacolo alla formazione di un “Grande Centro”. Toglierlo di mezzo siginificherebbe, sopratutto per alcuni, aprire la strada a scenari ed assetti fino a pochi mesi fa difficilmente ipotizzabili. La controprova di tutto ciò sta stampata sulle colonne di Libero di Domenica scorsa: dopo la manifestazione di Vicenza (col distinguo di Casini) è uscita forte l’ipotesi di un governo “Montezemolo”. Non fermiamoci ai nomi, è la sostanza che conta: ogni qualvolta Berlusconi parla, ogniqualvolta (assieme a Fini) FI e AN ritrovano unità di intenti e di azione, la maggioranza di governo si ricompatta e,assieme ad essa, si ricompatta l’asse trasversale che vorrebbe un governo di larghe intese. Per Berlusconi c’è un’unica soluzione: lasciar fare tutto a Prodi e puntare a un regolamento dei conti a sinistra. Dopo, forte della prova di immaturità data dall’Ulivo e con la legge elettorale approvata (già se ne discute), bisognerà convincere Napolitano a sciogliere le Camere. Silvio sarà ancora candidato premier e, all’alleato fedele Gianfranco, andrà la promessa della successione. Se,viceversa, il governo dovesse cadere complice un accelerazione del centrodestra c’è il serio rischio che Casini (che intanto ha mandato Follini in avanscoperta) punti a un governissimo con Margherita, Ds, Rosa nel Pugno e parti anche consistenti di An e Fi. A rimanere fuori dai giochi sarebbero,oltre a Lega e sinistra Radicale, i fedelissimi di Berlusconi e Fini, sacrificati sull’onda lunga di un consociativismo di ritorno. Ai due leader dell’opposizione rimane solo la strada del silenzio, sperando che l’elettorato capisca e non si disinnamori di un Berlusconi calcolatore. Altrimenti, dovremo rassegnarci a morire democristiani, in un modo o nell’altro.