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Perchè Conservatori

Perché definirci Conservatori in un paese in cui non c’è nulla da conservare è, con ogni evidenza, una bella domanda. Lasciando da parte sofismi e necessità di dover per forza dare una definizione ad ogni cosa, partiamo da un punto fondamentale: la visione dell’Uomo. Gianfranco Fini, nella presentazione del suo documento sul futuro del centrodestra italiano, muoveva da una constatazione tanto semplice quanto fondante: la sfida non è tra conservazione e innovazione, tra destra e sinistra per come le abbiamo finora intese ma tra materialismo e trascendenza. Un conservatore da qui deve partire: dalla scoperta che il mistero della vita rende ogni persona diversa, con inclinazione, talenti, speranze e prospettive che non possono essere determinate aprioristicamente da qualcuno, sia esso un ente intermedio (Famiglia, Società) o l’ente per antonomasia, lo Stato. Essere conservatori significa voler conservare, esaltare, assecondare questa specialità. Aldilà di ogni determinismo sociologico, aldilà di ogni metodologia esemplificativa che vorrebbe ridurre l’uomo a una macchina da guidare nel modo migliore, ad un progetto da sviluppare per nome e conto d’altri. Essere conservatori significa, e lo dicono gli inglesi con la solita straordinaria semplicità ed efficacia, credere nelle persone. E’ il credo che sta alla base della più grande democrazia che la storia abbia conosciuto. “We the people”, l’incipit costituzionale più famoso del pianeta, riconosce il valore intrinseco che ogni conservatore pone come stella polare del proprio vivere politico: la persona,prima di tutto. La sua libertà, davanti ad ogni cosa. Essere conservatori non significa essere oscurantisti, non significa in alcun modo voler fermare il progresso, voler riportare indietro le lancette dell’orologio. Sono conservatrici, e fieramente conservatrici, le più grandi rivoluzioni di questo secolo: era conservatrice la “Reagan Revolucion”, era conservatrice la scossa Thatcheriana a un Regno Unito che rischiava il declino, saranno fieramente conservatrici le direttrici su cui si muoverà la politica europea nei prossimi dieci anni. Da Cameron a Sarkozy, passando per il partito popolare spagnolo e per ciò che sarà del centrodestra in Italia, l’impressione è che il trend non si possa fermare: l’individuo ritorna al centro, lo stato, anche sotto le rassicuranti vesti del “welfare state” blairiano sembra soffrire di una crisi di fiducia prima che di identità. Essere conservatori oggi significa credere essenzialmente che allo stato determinista che lega a sé le persone attraverso indiscriminate forme di sostegno, si possa sostituire una concezione del Governo che ponga di nuovo in evidenza due valori universalmente riconosciuti come “di destra”: responsabilità e meritocrazia. Due facce dello stesso individualismo metodologico, della stessa tensione nobile ed ideale verso la creazione di uno stato agile, efficiente, rispettoso dei cittadini e,per questo, moderno. Che rispetto ha, infatti, verso i propri consociati un modello di convivenza che, in ossequio a logiche di “salvaguardia sociale”, sacrifica l’efficienza sull’altare della spartizione del potere, la meritocrazia in favore dei contributi a pioggia, la dignità dei popoli oppressi per un malcelato filo-totalitarismo travestito da “pacifismo militante”? Che senso ha uno stato che si fonda su principi che cozzano, rinnegano e fanno strali di quelle che sono le caratteristiche più intime dell’essere umano? Essere conservatori e, ad esempio, non socialdemocratici significa soprattutto quattro cose, concretissime: favorire il libero mercato dove si può; utilizzare il potere statale dove necessario, per evitare disuguaglianze e promuovere medesime condizioni di accesso alle opportunità di lavoro e di crescita economica e culturale; premiare la meritocrazia; credere nella democrazia come il più efficace metodo di stabilizzazione e di promozione dei diritti umani. Conservatori, non dogmatici, però. I Conservatori di ieri e di oggi si sono sempre trovati all’opposto rispetto alle tendenze totalitarie, fossero esse di destra o di sinistra. Il Conservatore si è sempre ispirato a grandi valori, li ha attualizzati, messi in pratica, ne ha colto le sfumature e i punti di rottura. Le socialdemocrazie europee sono tutte passate,in qualche misura, attraverso le forche caudine della purificazione post comunista. Dal socialismo spagnolo, a quello tedesco, fino persino ad alcune parti del Laburismo inglese, nessuno è stato immune dall’aver guardato con simpatia a un regime totalitario ed oppressivo come quello sovietico. Questo scheletro nell’armadio, grazie a Dio, non ce l’abbiamo. Abbiamo sempre creduto nell’individuo e nella promozione delle sue libertà. Proprio per questo siamo stati contro il Comunismo e il Fascismo di ogni tipo. Proprio per questo saremo sempre e comunque per una “società aperta”, con i suoi problemi, i suoi fenomeni di disagio sociale, gli errori che la natura umana porta con sé come un marchio indelebile. Ma non rinunceremo nemmeno per un secondo alla nostra capacità di determinarci, anche sbagliando, attraverso regole democratiche e condivise. In Italia, come in Iraq, in Darfur come in Afghanistan, a Cuba come in Iran. Perché la Libertà è una sola e risiede nell’essenza stessa del genere umano. La conserveremo, con cura. La promuoveremo, con passione.

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