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Tra dubbi e speranze

La nomina del nuovo coordinatore regionale del Friuli Venezia Giulia rappresenta un dato politico importante, ben oltre quella che è la reale portata dell’incarico. Il Messaggero Veneto di oggi ne parla come si trattasse di una battaglia campale, stilando addiritttura la lista dei vincitori e dei vinti. Sarebbe ora di rifiutare quest’impostazione, quantomeno sul piano metodologico, fermo restando che il dato sostanziale potrebbe essere anche questo. Ogni volta che, almeno in Friuli, c’è stato da scegliere un candidato, un coordinatore, un referente cittadino e quant’altro si sia andato scegliendo in questi anni, è partita la logica delle “correnti” che coinvolge questo partito più di quanto accade in altre formazioni politiche, almeno a livello locale. Correnti,spesso contrapposte, che finiscono per incrociarsi, mischiare, rovesciare i tavoli delle trattative quasi ci trovassimo di fronte alla composizione di un grande governo del compromesso storico. Il paradosso è che staremo parlando di un partito, uno soltanto. E’ francamente deprimente, da iscritto, simpatizzante o quant’altro continuare a vedere teatrini di questo tipo che,ogni volta, lasciano la base con l’amaro in bocca. Una base entusiasta e ansiosa di partecipare alla vita di un partito che riesce sempre a incarnare i difetti della prima repubblica, senza prendersene i pregi. Le parole più sagge, per quanto ci riguarda, le ha espresse Renzo Tondo sul suo blog.

Per parte mia a Isidoro Gottardo la massima collaborazione: il partito ha bisogno di lasciarsi alle spalle la stagione di manovre e manovrine per lanciare quanto prima la sfida programmatica e organigrammatica a Illy.

Per parte mia, per quello che può valere il mio impegno, sarò a Gorizia pancia a terra per chiunque, proprio perchè so quanto sia importante la riconquista del capoluogo isontino.

Parole pacate di un uomo che ha dimostrato più volte di saper fare un passo indietro per il bene del partito. Un uomo che oggi il Messaggero include tra gli “sconfitti” ma che probabilmente mai ha pensato che si trattasse di una guerra. Abbiamo bisogno di più collegialità, di più partito, di più discussione e di meno nomine calate dall’alto e imposte senza nemmeno uno straccio di congresso.

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