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Cinque anni

Sembrano un’infinità,in realtà sono volati, senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Cinque anni fa, era un martedì. Un martedì passato all’Università, tra libri e studenti, per quel professore bolognese, ordinario di Diritto del Lavoro a Modena. Poi la solita routine, il rientro all’ombra delle due torri, in treno; la bicicletta fino a casa, la chiave che entra nella serratura del portone e la morte che ti prende alle spalle. Su un motorino, coperti da un casco e dalla loro ignoranza, due brigatisti armati d’odio stavano per uccidere il padre della Riforma del Mercato del Lavoro. Le ore che ne sono seguite sono state d’angoscia e di smarrimento, di pentimento e riflessione. Per averlo lasciato solo, per non averlo protetto abbastanza, per non aver impedito che accadesse. La bicicletta appoggiata al muro ci ricordava che c’era ancora un lungo tragitto da percorrere, che qualcosa, dentro, ci era rimasto. Idealmente partì da via Valdonica la riforma del Mercato del Lavoro che in tanti, troppi, si ostinano a chiamare legge 30. Dimenticando chi l’aveva ispirata, dimenticando chi ha pagato con la vita per difenderla. A cinque anni di distanza ci resta l’orgoglio d’aver sempre sostenuto che il nostro era il mercato del lavoro peggiore dell’intera Europa, ma anche di aver avuto il coraggio di discuterne con ottimismo, di provare a riformarlo. Su quella bicicletta, idealmente, ci siamo saliti in molti, per difendere la Legge Biagi. Nelle scuole, nelle fabbriche, sul posto di lavoro, nel tecnologico mondo del World Wide Web. Lo abbiamo fatto con passione, come ci aveva insegnato il Prof. Lo faremo ancora, perchè la strada è ancora lunga e le salite sono ancora molte. Ma arriveremo in fondo e, quel giorno, Marco Biagi, ci mancherà ancor di più.

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