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C’era una volta

C’è stato un momento nella storia di questo folle centrodestra di lotta e di governo in cui potevi perdere 12 regioni su 14 e rimanere saldamente in sella, cavandotela con un Follini vicepremier. Era il tempo del Berlusconi bis, ter, quater, ecc ecc. Tempi in cui il teatrino della politica polticante sembrava riannodare i fili e le marionette iniziavano,una volta ancora, la litania di espressioni sconosciute ai comuni mortali: rimpasto, discontinuità, cabine di regia e chi più ne ha più ne metta. Berlusconi ripeteva, con coraggio, in quei giorni, che “era tutto previsto e prevedibile” e che non c’era “significato politico” dietro a quelle regioni che cambiavano colore, dall’azzurro al rosso, con le sole eccezioni di Lombardia e Veneto, rimaste ormai enclavi forziste nel nord occupato. E agli alleati era riuscito a far credere che quando si sarebbe votato per le politiche, il vento sarebbe cambiato. Aveva dannatamente ragione, il Cav. Come spesso gli capita aveva letto nella pancia della gente, ne aveva interpretato i segnali, aveva capito, primo fra tutti, che non era possibile un berlusconismo senza Berlusconi. E che il berlusconismo era quello che teneva unito (più o meno) il centrodestra e che riusciva a ricompattare la sinistra. Aveva capito, insomma, che laddove non c’era il suo nome, la sua faccia, i suoi slogan, non si poteva parlare di test politico nazionale. Perchè la politica nazionale era tutta Berlusconi, con o contro. Per chiunque voglia anche solo lontanamente provare ad azzardare un’analisi politica degli ultimi quindici anni, Berlusconi rappresenta il concentrato di ogni invenzione, lo spartiacque di ogni processo, la variabile che ha condizionato ogni competizione. Anche le ultime amministrative. E, questa volta, sembra non averlo capito. Il Presidente sbaglia quando trasforma questo voto in un referendum su Prodi e il suo operato. E’ stato, semmai, un monito alla sinistra e un’indicazione alla destra. Il monito è che non può esistere una sinistra (per quanto riformista) che va d’accordo più coi salotti che con Mirafiori. L’indicazione, esplicita, al blocco moderato è che l’elettorato di destra premia la serietà e la coerenza: serietà nei programmi e coerenza nelle coalizioni. Quelli che hanno vinto sono,infatti, sindaci che si sono presentati con formazioni coese ed unite e hanno saputo esprimere il meglio di una coalizione che, quando è stata forza di governo, troppo spesso si è dimenticata dell’altissimo valore delle amministrazioni periferiche. Ci sono stati candidati importanti (Tosi a Verona, Romoli a Gorizia) ma la sensazione che è emersa è che c’è stata la volontà di vincere e di creare le condizioni per governare. Berlusconi capisca questo: la gente non ha premiato Prodi, la gente ha scelto progetti concreti. Ritorni concreto anche lui e, per una volta, faccia un passettino indietro: la smetta di cercare la via per salire al Quirinale e lavori per creare un’alternativa seria a questa pessima coalizione di governo.  

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